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Disposizioni sul prezzo delle acque potabili (R. D.-L. 4 settembre 1925 n. 1793 N. 2069, in Gazz. uff., 27 ottobre, n. 250).

Visto il decreto-legge 16 agosto 1922, n. 1166 (1), convertito in legge per effetto della legge 17 aprile 1925, n. 473 (2).

ART. 1. Gli esercenti degli acquedotti, obbligati a fornire acqua potabile per usi pubblici e privati ad un prezzo stabilito in base all'atto di concessione o nel contratto, sono autorizzati ad aumentare per tutta la durata della concessione o del contratto, a norma degli articoli seguenti, i prezzi dell'acqua fornita, i contributi di manutenzione per le concessioni perpetue ed i prezzi per l'uso dei misuratori. Tali aumenti sono riferibili ai prezzi ed ai contributi in vigore al 31 dicembre 1917.

ART. 2. Per le distribuzioni ad uso potabile o sanitario, i prezzi possono essere aumentati fino al 50 per cento, nel caso in cui l'acqua provenga da impianti a gravitazione; fino al 90 per cento, nel caso in cui provenga da impianti ad innalzamento e fino al 70 per cento, nel caso di impianti a sistema misto.

Per le forniture di acqua con carattere perpetuo, il contributo di manutenzione può essere aumentato fino al 100 per cento.

Qualora l'acqua provenga da acquedotti aventi impianti di depurazione a scopo igienico, sul prezzo in vigore al 31 dicembre 1917 è consentito, oltre l'aumento previsto nei precedenti comma, un ulteriore aumento del 10 per cento.

Restano però fermi gli aumenti già convenuti ove siano superiori a quelli autorizzati dal presente articolo.

ART. 3. L'esercente dell'acquedotto, che voglia applicare gli aumenti autorizzati dal precedente articolo, deve darne previamente avviso al sindaco del comune mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, e deve di tale avviso dare notizia agli utenti a mezzo di manifesti affissi al pubblico. Gli aumenti decorrono dal quindicesimo giorno successivo a quello della spedizione della lettera raccomandata.

ART. 4. Il comune, che creda di opporsi ai nuovi aumenti che l'esercente richieda in base al presente decreto, deve nello spazio di trenta giorni dalla ricevuta della lettera raccomandata, manifestare la sua opposizione mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

L'esercente, che intenda richiedere aumenti superiori a quelli autorizzati dall'art. 2, deve notificare al comune, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, tale sua richiesta.

Nei 30 giorni successivi, fra le parti, potranno essere esperite pratiche per un accordo bonario.

Scorso il detto termine, senza che si sia potuto addivenire ad accordi, il comune o l'esercente, a seconda dei casi, potrà adire la commissione arbitrale di cui agli articoli seguenti, mediante atto da notificarsi alla parte interessata a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno e da depositarsi nella segreteria della commissione istituita dall'art. 6, nel termine di 15 giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata.

ART. 5. Le disposizioni degli articoli precedenti sono applicabili anche nel caso in cui, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, sia intervenuto fra l'esercente ed il comune, un accordo in ordine al prezzo dell'acqua, se per ragioni speciali l'esercente assuma che il prezzo convenuto non riesce adeguato rispetto alle spese che deve sostenere.

ART. 6. Presso il ministero dell'economia nazionale (ispettorato generale dell'industria) è istituita una commissione centrale arbitrale per il prezzo delle acque potabili, composta da:

a) un consigliere di Stato o di corte di cassazione, con funzioni di presidente;

b) un funzionario del ministero dell'economia nazionale;

c) un funzionario del ministero dell'interno (direzione generale della sanità pubblica);

d) due tecnici esperti nell'industria degli acquedotti;

e) un membro nominato dall'esercente dell'acquedotto e un membro nominato dal comune, interessati nella controversia.

I membri di cui alle lettere a), b), c), d), sono nominati con decreto del ministro per l'economia nazionale di concerto con quello per l'interno, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale del regno, durano in carica tre anni e possono essere riconfermati.

L'esercente ed il comune interessati sono tenuti a procedere alla nomina di cui alla lettera e) e a darne comunicazione alla segreteria della commissione, entro un termine da stabilirsi dal presidente.

Qualora l'esercente od il comune non proceda alla nomina di sua spettanza entro il termine prescritto, vi provvede il primo presidente della corte di appello di Roma, su proposta del presidente della commissione.

L'ufficio di segreteria della commissione è composto di due funzionari del ministero dell'economia nazionale, nominati dal ministro.

ART. 7. Nel formulare il giudizio, la commissione tiene conto delle condizioni particolari della gestione dell'impianto, e fra l'altro, della lunghezza del condotto di adduzione delle acque, in relazione alla quantità di acqua distribuita, del costo dell'energia occorrente negli impianti a sollevamento o misti, delle spese necessarie per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Essa nel pronunciarsi sull'aumento in questione, può anche imporre all'esercente l'obbligo di provvedere a determinate opere di manutenzione, demandando all'ufficio locale del genio civile l'opportuna vigilanza.

ART. 8. Per la procedura dinanzi la commissione centrale valgono le seguenti disposiziomi.

Il presidente della commissione fissa alle parti i termini per la presentazione di istanze e documenti ed ha facoltà di disporre gli atti istruttori necessari, richiedendo documenti anche a pubblici uffici.

Può ordinare alla parte, che abbia presentato l'istanza, un deposito a titolo di anticipazione di spese per il procedimento.

Le adunanze della commissione sono valide con l'intervento di almeno 5 membri. A parità di voti prevale quello del presidente.

La commissione, intese le parti, decide con criteri equitativi, e senza formalità di procedura.

La competenza della commissione non può essere limitata dalle parti. Le sue decisioni sono esecutive e sono soggette soltanto ad impugnativa per incompetenza ed eccesso di potere davanti le sezioni unite della corte di cassazione a norma della legge 31 marzo 1877, n. 3761.

Copia della decisione è comunicata dalla segreteria, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, al prefetto, al comune interessato ed all'esercente.

L'ammontare degli onorari spettanti ai componenti della commissione e della segreteria è fissato nella decisione stessa.

Le spese del giudizio, compresi in esse gli onorari di cui sopra, sono messe a carico delle parti, secondo la quota di ripartizione stabilita dalla commissione.

Gli accordi intervenuti tra le parti a seguito del ricorso alla commissione centrale e le decisioni di questa sono resi al pubblico, mediante pubblicazione nell'albo pretorio del comune.

ART. 9. Gli aumenti autorizzati a norma degli articoli precedenti sono assoggettabili a revisione, su richiesta dell'esercente o del comune, al 1° gennaio 1928 e posteriormente al principio di ogni successivo triennio. In caso di disaccordo, si applicano le norme stabilite negli articoli 4 a 8.

ART. 10. Per le distribuzioni di acque potabili, destinate ad usi diversi da quello potabile o sanitario, l'esercente dell'acquedotto ha diritto a richiedere, entro 60 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, la revisione dei prezzi convenuti e, ove trattisi di concessioni perpetue, del contributo di manutenzione.

In caso di disaccordo decide la commissione centrale arbitrale di cui all'art. 6.

Anche agli aumenti previsti dal presente articolo sono applicabili le revisioni periodiche autorizzate dall'articolo precedente.

ART. 11. L'esercente dell'acquedotto può esigere per la fornitura e la manutenzione dei misuratori meccanici dell'acqua un compenso annuo di una lira per ogni millimetro di calibro del misuratore, in aggiunta a quello in vigore al 31 dicembre 1917.

ART. 12. I comuni ed i consorzi di comuni hanno diritto di applicare per i contratti in corso relativi alle distribuzioni di acqua, cui essi direttamente provvedono, le disposizioni del presente decreto, ferma però restando la facoltà ad essi spettante di variare le tariffe in precedenza deliberate. ART. 13. 11 presente decreto entrerà in vigore il 1° settembre 1925 e sarà presentato al parlamento per la conversione in legge.

Dalla detta data cesserà di applicarsi il decreto-legge 16 agosto 1922, n. 1166, convertito in legge per effetto della legge 17 aprile 1925, n. 473. Però gli aumenti applicati in base a tale decreto rimarranno fermi sino alla decorrenza a norma del capoverso dell'art. 3 dei maggiori aumenti autorizzati dal presente decreto.

Tali aumenti resteranno del pari fermi nel caso in cui l'esercente non creda di giovarsi delle più favorevoli disposizioni di questo decreto.

ART. 14. Le commissioni arbitrali provinciali istituite a norma dell'articolo 5 del decreto-legge 16 agosto 1922, n. 1166, le quali all'entrata in vigore del presente decreto siano investite dell'esame di controversie, cesseranno di funzionare dopo l'esaurimento di dette controversie.

(1) V. Lex 1922, p. 704.

(2) V. retro, p. 713.

Disposizioni transitorie per la riduzione della tassa di concessione governativa sui titoli nobiliari concessi da sommi pontefici fino al 1924 (R. D.-L. 11 ottobre 1925, n. 1794 N. 2070, in Gazz. uff., 27 ottobre, n. 250).

Veduti i regi decreti 2 e 5 luglio 1896, num. 313 e 314, per l'ordinamento della consulta araldica e la determinazione delle norme per l'esecuzione delle relative disposizioni;

Veduta la legge tributaria sulle concessioni governative 30 dicembre 1923, n. 3279 (1), tabella A, titolo III;

Veduto il regio decreto 24 gennaio 1924, n. 95 (2), sul riordinamento della consulta araldica;

Veduta la deliberazione del 2 febbraio 1925 della consulta araldica del regno.

ARTICOLO UNICO.

Per i decreti reali di autorizzazione all'uso legittimo nel regno dei titoli nobiliari, concessi dai sommi pontefici dalla fine dell'anno 1870 a tutto l'anno 1924, è conferita facoltà al ministro per le finanze, da applicarsi caso per caso, e tenuto conto della condizione economica degli investiti, di ridurre ad un terzo le tasse contemplate nel titolo III

della tabella A, annessa alla legge tributaria sulle concessioni governative 30 dicembre 1923, n. 3279. Tale facoltà avrà termine col 31 dicembre 1926. Per ottenere la riduzione gli aspiranti devono presentare domanda motivata e documentata al ministro per le finanze la cui decisione è inappellabile. In caso di decisione favorevole, ove il pagamento della tassa ridotta non venga effettuato entro due mesi dalla comunicazione della decisione del ministro, la riduzione non è più applicabile.

I decreti reali di autorizzazione per le concessioni fatte dai sommi pontefici dal 1° gennaio 1925 in poi saranno soggetti alle tasse ordinarie.

Il presente decreto sarà presentato al parlamento per la conversione in legge.

(1) V. Lex 1924, n. 10 bis.

(2) V. Lex 1924, p. 377.

Obbligo dell'uso della lingua italiana in tutti gli uffici giudiziari del regno, salve le eccezioni stabilite nei trattati internazionali per la città di Fiume (R. D.-L. 15 ottobre 1925, n. 1796 - N. 2072, in Gazz. uff., 27 ottobre, n. 250).

ART. 1. In tutti gli affari civili e penali che si trattano negli uffici giudiziari del regno, deve usarsi esclusivamente la lingua italiana.

La presentazione di istanze, atti, ricorsi e scritture in genere compilati in lingua diversa dalla italiana, si ha come non avvenuta, e non giova neppure a impedire la decorrenza dei termini.

I verbali, le perizie, le requisitorie, le decisioni e tutti gli atti e provvedimenti in genere, che comunque abbiano attinenza alla giustizia civile e penale redatti in lingua diversa dalla italiana, sono nulli.

Non saranno inscritti nelle liste dei giurati coloro che non sono in grado di comprendere l'italiano.

ART. 2. Le contravvenzioni alle disposizioni del precedente articolo sono punite con pena pecuniaria da lire 200 a lire 1000, e in caso di recidiva fino a lire 5000. Essa è inflitta con decreto del presidente della corte d'appello su richiesta del pubblico ministero, sentito il contravventore nelle sue discolpe, ed in caso di mancato pagamento è convertibile a termine dell'art. 24 del codice penale. Contro il provvedimento del presidente è ammesso reclamo alla corte che delibera in camera di consiglio.

Il reclamo è proposto mediante ricorso nel termine di 15 giorni dalla notificazione del decreto.

Se il colpevole sia un giudice, funzionario o impiegato dell'amministrazione giudiziaria, la pena è della sospensione dall'ufficio e dallo stipendio per un tempo non inferiore a tre mesi, nè superiore ad un anno, e, in caso di recidiva, della destituzione.

Alla sospensione è aggiunto il trasferimento dalla sede.

La pena è inflitta previo procedimento disciplinare.

ART. 3. Restano salve, per gli uffici giudiziari della città di Fiume, le eccezioni stabilite dai trattati internazionali.

ART. 4. Il nostro guardasigilli, ministro per la giustizia e gli affari di culto, è autorizzato a dare le istruzioni necessarie per la esecuzione del presente decreto, il quale sarà presentato al parlamento per la conversione in legge.

Esenzione dall' imposta di ricchezza mobile del sopraprezzo realizzato da società commerciali, con l'emissione di nuove azioni sociali (R. D.-L. 15 ottobre 1925, n. 1802 N. 2075, in Gazz. uf.,

27 ottobre, n. 250).

Visto il testo unico di legge sull'imposta di ricchezza mobile approvato con regio decreto 24 agosto 1877, n. 4021, serie 2*.

ARTICOLO UNICO. - Il sopraprezzo realizzato da società commerciali con l'emissione di nuove azioni sociali è esente da imposta sui redditi di ricchezza mobile.

La presente disposizione è applicabile rispetto alle emissioni di nuove azioni che saranno effettuate dopo la data di pubblicazione del presente decreto,

Il presente decreto sarà presentato al parlamento per la conversione in legge.

A chiarimento del precedente regio decreto-legge riportiamo la relazione del ministro segretario di Stato per le finanze, a S. M. il Re, in udienza del 15 ottobre 1925.

Sire,

Il provvedimento legislativo che ho l'onore di sottoporre alla Sovrana approvazione rientra nel più vasto quadro concernente la riforma del regime tributario delle società per azioni, già dal mio illustre predecessore annunciata nella relazione alla Maestà Vostra. illustrativa del regio decreto 16 ottobre 1924 pel riordinamento delle aliquote delle imposte dirette.

Più urgente, peraltro, si presenta il provvedimento di esenzione del sopraprezzo delle azioni emesse da società commerciali.

Sta in fatto che da quando la giurisprudenza, ebbe ad orientarsi, in contrasto anche con la dottrina, verso il concetto della tassabilità del sopraprezzo, tutte o quasi tutte le emissioni di nuove azioni sociali vennero effettuate alla pari, cosicchè rimasero, come tuttora rimangono, a corrispondere l'imposta le sole società cooperative, per le quali l'emissione delle azioni nuove per l'accrescimento del loro capitale, che è per legge indefinito, deve effettuarsi con obbligo del nuovo azionista di versare il sopraprezzo corrispon dente alla quota parte di riserve accumulate proporzionalmente attribuibile a ciascuna azione sociale.

Tutte le altre società, all'infuori delle cooperative, compiono ormai, normalmente, le emissioni delle loro azioni alla pari, distribuendole in opzione tra i vecchi azionisti, dal che notevoli inconvenienti derivano, primo tra i quali è quello della diluizione dele riserve con indebolimento delle imprese, che debbono con le stesse riserve preesistenti, fronteggiare le alee dell'accresciuto e più sviluppato organismo, quale viene a risultare dopo il conferimento del nuovo capitale.

Affermare, con una nuova norma legislativa, che il sopraprezzo non sarà più soggetto ad imposta di ricchezza mobile, significa ricondurre - senza apprezzabile perdita per l'Erario - le società verso il più sano procedimento, per effetto del quale ad ogni nuovo azionista si chiederà in versamento non solo la sua quota in conto capitale, ma anche la sua quota in conto riserva, con la conseguenza di mantenere salda la compagine delle aziende, evitando, per di più forme non ignorate di speculazione, che fioriscono sovente ai margini di queste operazioni finanziarie, quando il loro naturale svolgimento trova, comunque, ostacoli negli ordinamenti vigenti.

Per tali motivi e con tali intenti, io mi onoro pregare la Maestà Vostra di volere apporre la Sua augusta firma allo schema di decreto all'uopo prediposto.

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