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"merazione dei rarissimi pregi suoi: Superano questi

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qualunque encomio: Non sono questi soggetto da

inesperto dicitore, qual' io mi sono: Sono questi << finalmente se non in tutto, almeno in gran parte « a voi abbastanza noti, perchè nato tra voi, cre« sciuto tra voi, onde avrete potuto ravvisare l'insigne sua pietà, e lo crederete costante difensore « della nostra santa religione: Lo vedeste affabile, << umano, e con ragione lo spererete sempre pronto << a sentire con clemenza le istanze di ciascheduno, <«<e sollevare le miserie dei poveri: Lo ravvisaste giusto, e sarete convinti che egli sarà il sostegno « dei vostri dirilli, delle vostre leggi, il padre dei << buoni, il terrore dei perversi: Che altro adunque <«< ci resta se non di giurare fedeltà, rispetto, obbe<<< dienza? Di far cioè quel giuramento istesso, che « i nostri maggiori fecero alla gloriosa memoria di « Francesco suo avo, e più modernamente a Pietro Leopoldo suo gran genitore: Seguitemi adunque << amplissimi Senatori, fedelissimi Cittadini, giacchè «ho la sorte di darvi l'esempio, e poi imploriamo « dal Sommo Datore di ogni bene tutte le prospe«rità non solo al presente nostro sovrano, che alla «< reale sua Sposa, fregiata delle più eccellenti doti, «col desiderio di numerosa prole, per loro consola«<zione, e per vantaggio dei popoli soggetti (4). »

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(4) Anche il discorso del cav. Fabio Orlandini è ricavato dall'istrumento citato nella nola precedente. In questa circostanza fu coniata una medaglia coll' effigie di Ferdinando, e col motto, Hilaritas Publica; nell'escrgo vi si legge; Advent. Feliciss. Flor. MDCCXCI.

adempiendo ad un si grazioso incarico, e confer<< mate col dovuto omaggio e giuramento al clemen<<< tissimo sovrano quei sentimenti di vassallaggio, che <«<le sue doti hanno già impressi a grandi caratteri << nei cuori de' suoi fedelissimi sudditi (3). »

Dopo di che il cav. Fabio Orlandini luogotenente del Senato prese a favellare: « Se mai la Toscana ebbe giusto motivo d'esultare e d'essere a parte del

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giubbilo comune ad altri popoli dell' universo, lo << fu certamente allora quando pervenne la lieta no<<<< tizia di essere stato inalzato al trono de'Cesari << Pietro Leopoldo il Grande suo sovrano, poichè vide << coronate l'eccelse sue qualità, e premiate l'eroiche <«<< sue virtù: Ma grande dall'altra parte fu il cor<< doglio nel prevedere che sarebbe restata priva di <<< un sovrano, il quale in tutto il tempo del suo glo<<< rioso governo altro non ebbe in mira colle prov« vide e clementi sue leggi, che il bene de'suoi sud<< diti, e la comune felicità: Lungi ora da noi ogni <<< ombra di tristezza e di dolore, tutto risuoni accla

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mazione, gioia e piacere, poichè siamo alla pre<<< senza dell'A. R. di Ferdinando III arciduca d'Austria figlio di Cesare, e nostro nuovo sovrano: Ne vi << aspettate, amplissimi Senatori, fedelissimi Cittadini, che io voglia diffondermi nella descrizione ed enu

(3) La riferita allocuzione è ricavata dall' istrumento rogato Gonnella nel di 24 giugno 1791, che si conserva nel fascicolo 77 dei documenti originali nelle Riformagioni. In quanto al possesso preso per delegazione dal Serristori, vedasi quanto ne abbiamo detto nel eap. XII del libro VI, e ciò che apparisce dal documento N. LXI nell' Appendice antecedente.

merazione dei rarissimi pregi suoi: Superano questi qualunque encomio: Non sono questi soggetto da << inesperto dicitore, qual' io mi sono: Sono questi « finalmente se non in tutto, almeno in gran parte « a voi abbastanza noti, perchè nato tra voi, cre« sciuto tra voi, onde avrete potuto ravvisare l'in<< signe sua pietà, e lo crederete costante difensore << della nostra santa religione: Lo vedeste affabile, << umano, e con ragione lo spererete sempre pronto << a sentire con clemenza le istanze di ciascheduno, «<e sollevare le miserie dei poveri: Lo ravvisaste

giusto, e sarete convinti che egli sarà il sostegno « dei vostri diritti, delle vostre leggi, il padre dei << buoni, il terrore dei perversi: Che altro adunque «< ci resta se non di giurare fedeltà, rispetto, obbe<< dienza? Di far cioè quel giuramento istesso, che «< i nostri maggiori fecero alla gloriosa memoria di << Francesco suo avo, e più modernamente a Pietro « Leopoldo suo gran genitore: Seguitemi adunque << amplissimi Senatori, fedelissimi Cittadini, giacchè «ho la sorte di darvi l'esempio, e poi imploriamo a dal Sommo Datore di ogni bene tutte le prospe<< rità non solo al presente nostro sovrano, che alla << reale sua Sposa, fregiata delle più eccellenti doti, «< col desiderio di numerosa prole, per loro consolazione, e per vantaggio dei popoli soggetti (4). »

(4) Anche il discorso del cav. Fabio Orlandini è ricavato dall'istrumento citato nella nota precedente. In questa circostanza fu coniala una medaglia coll' effigie di Ferdinando, e col motto, - Hilaritas Publica -; nell'esergo vi si legge; Advent. Feliciss. Flor. MDCCXCI.

Il riferito discorso del luogotenente Orlandini, quantunque non sia elegante nè sugoso, tutta volta è osservabile per le frasi che si riferiscono ai diritti nazionali, ed alle patrie leggi; il che non altro significa che la preservazione virtuale dei principj costituzionali, mediante i quali tutti i granduchi hanno ricevuto l'omaggio e giuramento di sudditanza dai Toscani, quantunque abbiano poi regnato da sovrani dispotici, senza che i popoli si siano rivoltati. Sul codice sacrosanto del Verbo Divino, ricevè Ferdinando, giusta il costume, la formale promessa d' obbedienza dai popoli congregati sulla vasta piazza, ove gli antichi Fiorentini si ragunavano a parlamento. Ma nel tempo stesso egli contraeva l'imprescrittibile dovere d'adempire al patto costituzionale; nè vale addurre l'esempio de' suoi predecessori, perchè non è sufficiente scusa al proprio malfare, il cattivo oprare altrui. Terminata questa prima funzione, venne incontanente rinnovellata quella detta degli omaggi, che annualmente solevano presentare prima alla Repubblica, ed in appresso ai granduchi, i feudatari dello Stato, e molte castella, terre e città del dominio, nel giorno dedicato al Battista. Di maniera che, la ceremonia riuscì pomposa e brillantissima, e la pubblica letizia ed il tripudio ascesero fino a quel punto, che il freddo spettatore ebbe a ravvisarvi più recondite cagioni. Vi erano queste pur troppo : nè buone, nè giuste erano. La cessazione della sovranità del Magno Leopoldo aveva risvegliate molte speranze in tutti coloro che furono tocchi dalle sue severe e sapienti riforme: quindi si prodigavano le

lodi ed i festeggiamenti per impadronirsi dell' animo del nuovo Principe, onde trascinarlo sopra al sentiero preparato dalla cabala cui attendeva a combattere le paterne ordinazioni. In questa guisa l'egoismo, l'ignoranza, il fanatismo e l'ipocrisia s'incamminarono al trionfo con scapito della civiltà, ed a conquasso delle migliori garanzie sociali. A senso di una lettera scritta nel 1804 dal senator Gianni all'amico Biffi-Tolomei, citata dal De-Potter, dipese interamente dagl'intrighi orditi a Vienna, se Ferdinando non venne al possesso della Toscana colla costituzione imaginata dal padre suo, ed elaborata dal prefato Senatore. Forse un giorno, egli dice, vedrà essa la luce, ed ingrosserà il volume della Storia di quel tempo, e servirà d'istruzione ai principi, cui si fa credere, che la costituzione, ossia legge fondamentale dello stato, tolga loro una parte dell'autorità. Ma non è vero. Una buona costituzione legillima il contralto, sostiene l'autorità regia, mediante l'appoggio della nazione, ed illumina il re dei bisogni dello stato, e dei veri interessi del trono; e finalmente si oppone agli artifizi ministeriali, ed ai vizi delle corti, che sono i più fatali nemici dei regi, i veri usurpatori dell'autorità, i corrullori dolci e compiacenti dei coronati, e gli oppressori dei popoli; e così dividono e rovinano ambe le parti, che non possono sussistere senza stare unite ed abbracciale in fiducia, sostenendosi a vicenda. Quante mai verità si contengono in queste parole deltate quasi mezzo secolo addietro! E quanto bene se ne sarebbero trovati i discendenti di Leopoldo I, se

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