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Italien.

26. Jan. 1895.

Nr. 11094. accordi verso il Governo italiano nell'eventualità di future successioni al trono di Etiopia. Le relazioni nostre con ras Makonnen hanno duplice valore; e per la di lui posizione personale di capo fortissimo, di stirpe reale e quindi con la possibilità di una successione dinastica; e quale governatore di una provincia ricchissima l'Harar, che ha i suoi confini politici con due potenze europee, l'Inghilterra e la Francia, e quindi rappresenta la via per cui può affacciarsi nell'Etiopia del sud una influenza a noi antagonista. || Se l'Imperatore può avere la più assoluta certezza sulle intenzioni di ras Makonnen e specialmente che le sue relazioni col Governo italiano sono rotte, allora acquisterebbe una grande libertà d'azione e di movimento. Se questa certezza non l'ha, l'Imperatore è assolutamente immobilizzato nel circolo geografico dove ora si trova. Di qui l'importanza assoluta di una nostra politica attiva verso l'Harar e verso Makonnen; politica che se riesce a portare Makonnen nell'orbita dei nostri interessi, tanto meglio; e se non vi riesce, che raggiunga almeno lo scopo di compromettere Makonnen agli occhi dell'Imperatore. || Makonnen non è facile ad aprire l'animo suo, e nelle trattative politiche è di una prudenza incresciosa. Governa in Harar con criteri economici disastrosi, e forse, anzi certamente, lo comprende egli stesso. Ma lo fa per rispondere alle continue esigenze dell'Imperatore che chiede e sempre chiede a lui danaro e tributi, credendo che l'Harar sia una sorgente inesauribile di ricchezza. Se Makonnen non versasse all'Imperatore anche più di quello che l'Imperatore domanda, il partito contrario al ras farebbe credere a Menelik che quello riunisce danaro per proprio conto e per scopi personali, e quindi rischierebbe di perdere il Governo di quella provincia. Ecco le ragioni della disastrosa amministrazione di Harar: l'Imperatore ha un appetito insaziabile, e Makonnen lo sfama gravando le mani sul paese che governa. || La posizione di Makonnen verso la regina Taitù, che è la testa di Minerva nella politica scioana, giacchè Menelik non agisce che per di lei suggestione, è tesa e sommamente tesa. Vi è una ragione di odio profondo cagionato da fatti domestici, e questa tensione che si accumula finirà un giorno con esplodere ed esploderà con fatti inaspettati e violenti. Questo deve esser tenuto in gran conto da noi, e vigilando, aspettare gli eventi. || Ora, nell'attuale situazione di cose, non essendo possibile nè opportuno di fare verso Makonnen nessun passo ufficiale e molto meno di mandare alcuno per iniziativa nostra, bisogna offrire a lui i mezzi di tenersi a contatto e in rapporto con noi. Non potendo agir troppo a Zeila, in attesa che il Governo inglese consenta in quel porto un modus vivendi più proficuo ai nostri interessi, sarebbe utilissima la comparsa in quelle acque di una nostra nave de guerra, che si tenesse in crociera fra Perim, Zeila e Aden.

1. Perchè una nave da guerra nelle acque di Zeila avrebbe un effetto morale su Menelik, che proprio oggi manda lettere e doni al Governo inglese, supponendolo disinteressato nella politica nostra in Etiopia: ed il sapere una nave nostra in Zeila lo distrarrebbe da questa opinione e di nuovo gli farebbe credere che fra il Governo nostro e quello inglese vi è sempre accordo per

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fetto. || 2. Perchè con una nave in quel porto si potrebbe stabilire un ottimo Nr. 11094. servizio d'informazioni, anche per ciò che si compie a Gibuti nel momento in cui sta per giungere la missione russa. || 3. Perchè, senza dar sospetto e senza inconvenienti, un agente politico del nostro Governo potrebbe mettersi in rapporto diretto coll'agente ufficioso di Harar, e quindi informare di tutto rapidamente a mezzo del cavo telegrafico di Perim sia il Governatore dell'Eritrea, sia il Governo centrale. Tanto meglio poi, anzi con scopo precipuo da raggiungere, se questo agente può mettersi in rapporto diretto con Makonnen stesso, e in date eventualità quando l'andamento delle cose lo richiedesse, avere un abboccamento con lui. || Sulle modalità per raggiungere nel modo più completo lo scopo politico che si vuol desumere dalla presenza di una nave italiana in Zeila si può fare un più particolareggiato studio. Però onde la cosa assumesse un carattere di maggiore entità politica, dovrebbe esserne d'accordo e consenziente il Governo inglese, ciò che costituirebbe un progresso non indifferente nella definitiva sistemazione dei nostri interessi nel golfo di Aden.

Cesare Nerazzini.

Nr. 11095. ITALIEN. — Kapitain Ruffillo Perini an den Minister des Auswärtigen. Denkschrift über die Lage in Erytrea.

Rom, 26. Januar 1895.

Nr. 11095.

A cinque anni di distanza si rinnova nel Tigrè la situazione precisa tro- Italien. vata dal generale Orero nel 1890. || Infatti anche allora il Beesò e l'Adir-batè 26. Jan. 1895. erano con noi, il clero e la popolazione di Adua e di Axum ci accoglievano a festa, l'Agamè ci era amico, e ras Mangascià con pochi seguaci, fra i quali Alula, era rifugiato nel Tembien. || Passato il primo momento di apprensione, che il nostro ingresso in Adua aveva suscitato, i capi del clero e delle popolazioni accorsero in folla a fare atto di omaggio al nostro generale, cui senza ambagi esponevano i loro desideri e le loro aspirazioni, che in conclusione accennavano a queste alternative:

1° sarebbero stati lietissimi che il Governo italiano prendesse il Tigrè sotto la sua protezione e sotto la sua autorità diretta; || 2° se ciò non si potesse o volesse effettuare, avrebbero accettato, riconosciuto ed ubbidito quel capo che il Governo nostro avesse designato o nominato; || 3° in mancanza di meglio, chiede vanoche il Governo italiano lasciasse loro Mangascià, buono, mite, figlio di re Giovanni, loro compaesano, che aveva restituito al Tigrè la supremazia tradizionale sul resto d'Abissinia.

Dichiaravano poi unanimi di respingere la sovranità di Menelik e dello Scioa, affermando (come d'altronde è verita storica ineccepibile) che mai il Tigrè aveva obbedito allo Scioa. || Delle tre soluzioni proposte fu accettata la terza, cattiva per sè e resa peggiore da queste circostanze: || a) che Mangascià

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Nr. 11095. anzichè da noi venne investito da Menelik come capo del Tigrè; || b) che inItalien. termediario fra noi, Mangascià e Menelik venne mandato un personaggio (Degiacc' Mesciascià Uorchiè), persona di fiducia della corte scioana, il quale in breve per la sua nullità si rese inviso a tutti e dovè ritirarsi; || c) che venne a riaprirsi la questione dei confini sud dell'Eritrea, stabiliti nel trattato di Uccialli contrariamente ai fatti compiuti ed alla ragione storica, geografica ed etnografica.

Nessuno fu contento di questa soluzione. Alula, rappresentante dello spirito nazionale tigrino, si ribellò più volte, finchè a stento fu domato e reso impotente. Ras Sabath dell'Agamè, discendente ed erede legittimo di Sabagadis, vinto e deposto, fu relegato sopra un'amba, mentre a suo posto fu collocato Scium Agamè Tesfai, lancia spezzata dell'idea e degl'interessi scioani, nemicissimo a noi. Mangascià, cui l'orgoglio della nascita ed il sentimento del suo popolo rendevano ostico inchinarsi a Menelik, figlio di una schiava galla e solo fantasticamente imparentato con la storica dinastia detta Salomonica, tentò in ogni modo di scuotere l'indegno giogo. Ma invano chiese un convegno con l'attuale governatore, invano chiese aiuta contro il ribelle Alula, invana supplicò che un atto del Governo nostro lo mettesse in condizione tale da esimerlo dal viaggio di Borumieda, ultimamente compiuto, invano chiese munizioni quando sapeva che a milioni se ne mandavano allo Scioa, e solo pare che ultimamente ottenesse 32 mila cartuccie, vera derisione. || L'effetto della sua gita a Borumieda lo abbiamo visto or ora. Abbandonato da noi, insidiato alle spalle da ras Oliè, umiliato da Menelik che gli tolse il Volcait e lo Tzellent, diminuito agli occhi dei suoi compaesani tigrini che con occhio di compassione videro il figlio del fiero re Giovanni supplice ai piedi di Menelik e di Thaitù, sobillato dagli agenti scioani e forse da altri ha tentato riacquistare il prestigio perduto con una guerra fortunata contro di noi, che credeva indeboliti dalle minaccie dei dervisci. || Fortunatamente si è spagliato ed è stato punito; ma ciò non cambia la situazione, alla quale conviene provvedere. Se non lo faremo noi stessi succederà uno dei due casi seguenti:

1° o l'anarchia attuale del Tigrè non avrà fine e dovremo da un momento all'altro attenderci, nel territorio della colonia, incursioni di predoni più difficili a pararsi di una minaccia di guerra da combattersi in campo ed a viso aperto come quella gloriosamente respinta a Coatit ed a Senafè. La ribellione di Abarrà e la defezione dei due Jusbasci informino: || 2° o il ristabilimento dell'ordine si effettuerà per l'ascendente che saprà acquistarsi uno dei capi locali o sotto la guida di un personaggio venuto di fuori senza la nostra cooperazione e la nostra volontà. Noto che Alula è presentemente a disposizione di Menelik, il quale potrebbe, utilmente per ambedue, impiegarlo in questa impresa.

Nell'uno come nell'altro caso sembra evidente che dovremo tenere lungo la frontiera Marèb-Belesa-Muna un forte corpo di truppa; e tanto più forte

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in quanto che, per la defezione di Batha-Agos, non possiamo più, come per Nr. 11095. il passato, fare assegnamento sui due mila fucili che si trovavano nell'OculèCusai in mano a gente fiera e bellicosa, in paese atto a strenua difesa e tale da minacciare seriamente la destra di un corpo nemico che dal Tigrè marciasse contro la colonia. || Non conviene dimenticare che lungo la linea dell'Atbara stanno 20 mila dervisci con 10 mila fucili almeno e 1200 cavalli, e che i conti con questo nemico non li abbiamo ancora aggiustati. Tutt'altro. || Ora è naturale che, quando saremo impegnatialla frontiera ovest (e ciò avverrà in maggio o giugno al più tardi), tanto le orde dei predoni, quanto le schiere valorisissime del Tigrè riordinate da mente ostile ai nostri interessi, ci saranno addosso e minacceranno ancora i punti vitali della colonia, che sono le strade fra l'altipiano e la costa che passano per l'Oculè-Cusai, alle quali precisamente ha mirato Mangascià nella sua avanzata. || La difensiva passiva, come è noto, è un gravissimo errore militare, ma anche se si dovesse accettare in mancanza di un programma migliore sulla frontiera sud dell'Eritrea, richiederà sempre almeno tre mila uomini. Ma dove li troveremmo quando fossimo impegnati ad ovest contro i mahdisti, che ci faranno una guerra a morte, e contro i quali potranno appena bastare cinque mila uomini, senza contare quelli che dovremo tenere a guardia di Massaua, Saati, Ghinda, Cheren, Agordat, Asmara, Halai, Adi-Ugri, ossia delle posizioni fortificate? || È dunque indispensabile aumentare le forze militari della colonia, e quelle di cui il Governo ha disposto l'invio, unite alle altre già esistenti nella colonia e di cui nella colonia si fa la preparazione, saranno appena sufficienti. Infatti:

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le armi speziali e le milizie, si avrà lo stretto fa-bisogno per parare a tutte le eventualità. || Ma, poichè questo aumento delle forze militari coloniali deve avvenire, e poichè sulla frontiera sud dovrà tenersi un corpo di osservazione inerte, viene spontanea l'idea di liberare il territorio della colonia dall'eventualità di una minaccia imminente. Ciò si ottiene spingendo queste truppe più in là, concedendo ai paesi del Tigrè, che la chiedono, la nostra protezione. I nostri soldati, anzichè rimanere oziosi spettatori di una prepaazione ostile contro di noi, serviranno di nucleo attorno al quale si riunniranno quanti, nel Tigrè, vedono con invidia lo stato florido dell'Eritrea e sono i più; direi sono tutti se non fossero i capi, cui la cosa ripugna perchè vedono compromessa la prepotenza, l'albagia, la venalità che ora li distingue. || Aggiungo che quelli stessi soldati, che ora con Mangascià hanno combattuto contro di noi con esito infelice, perchè mal comandati, combatterebbero con noi contro qualsiasi nemico con lo stesso valore, con la stessa fedeltà, ma con miglior fortuna, organizzati e condotti da noi. Chi conosce il paese non si stupisce di ciò perchè ne conosce pure le cause, che sarebbe troppo lungo

26. Jan. 1895.

Nr. 11095. l'enumerare. Ma come prova di fatto basta rammentare la condotta dei nostri Italien. ascari tigrini negli ultimi avvenimenti, e tener presente che militano nelle nostre file eccellenti soldati, che combatterono contro di noi a Dogali. || L'indole prudente di Menelik dà fondato motivo a credere che egli nulla tenterà contro di noi; molto più che un nostro atto decisivo gli accrescerà i nemici interni già così numerosi. Ma, se anche dovesse avvenire il contrario, avremo posti in nostro favore questi due vantaggi: 1° avremo allontanata la guerra dal territorio dell'Eritrea; 2° avremo acquistati nuovi alleati, fra i quali, come da miniera inesauribile, trarremo i nostri ascari preziosissimi, mentre non potranno più averli i nostri nemici. Senza contare che la ragione storica, la ragione geografica del paese, le qualità fisiche e morali della gente immensamente superiori a quelle degli altri popoli d'Abissinia, fanno del Tigrè il vero e legittimo padrone di tutto l'impero; poichè non è da credersi cosa accidentale, e senza significato, che ivi fosse e sia rimasta per secoli la capitale religiosa e politica. Ed a questo risultato si verrà senza bisogno di accrescere le forze militari, che, come ho detto più sopra, converrebbe in ogni caso tenere, pel momento, nella colonia.

Nr. 11096.
Italien.

Capitano Ruffillo Perini addetto all'Ufficio coloniale.

Nr. 11096. ITALIEN. Der Schatzminister an den Minister
Gegen die Ausdehnung der Ko-

des Auswärtigen.
lonialpolitik.

Rom, 27. Januar 1895.

Caro amico. Mi pare un po' forte la cosa; si vede che non vi eravate 27. Jan, 1895, spiegati chiaramente. Al punto di vista della politica estera devi giudicare te, dell'importanza della cosa e delle conseguenze. All'interno farà in ultimo cattiva impressione; e la spesa sarà forte. || Mi pare che Nerazzini ragioni giusto. || Io ho manifestato apertamente e nettamente la mia opinione a Crispi e a Mocenni. Non ne faccio, nelle circostanze attuali, questione di gabinetto, ma disapprovo nettamente; perchè gli stessi risultati si potevano ottenere meglio e senza spesa. || Oramai mi pare che l'invio dei primi due battaglioni sia difficilmente evitabile; io l'ho saputo troppo tardi perchè il mio intervento fosse efficace, e non posso fare utilmente altri passi. || L'invio di altre truppe dopo queste, che si mandano il 30, sarebbe nello stato delle cose, una vera follia. Sidney Sonnino.

Nr. 11097.
Italien.

27. Jan. 1895.

Nr. 11097. ITALIEN. Der Minister des Auswärtigen an den
Schatzminister. Antwort anf das Vorige.

Rom, 27. Januar 1895.

Caro amico, | Mi ero spiegato col generale Mocenni tanto chiaramente quanto col presidente del Consiglio e con te. || Avevo sperato che non passasse oltre alle gravi considerazioni politiche che io opponevo; benchè egli dimo

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