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quam subjectissimus tibi non intelligar, est qui intelligat et judicet.

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In fine, ne vacuus advenerim, beatissime pater, mecum affero tractatulum hunc sub tuo nomine editum, velut auspicio pacis componendæ et bonæ spei: in quo gustare possis, quibusnam studiis ego malim et possim fructuosius occupari, si per impios adulatores tuos liceret, et hactenus licuisset. Parva res est si corpus spectes, sed summo, ni fallor, vitæ christianæ compendio congésta, si sententiam captes. Neque habeo pauper aliud, quo gratificer, nec tu alio eges, quam spirituali dono augeri. Quo et meipsum paternitati et beatitudini tuæ commendo, quam Dominus Jesus servet in perpetuum. Amen."

Wittembergæ, MDXX. 6 aprilis.

No XXIII. pag. 57.

Appellatio F. Mart. Luth.

JESUS.

Notum sit omnibus Christianis, quod ego Martinus Lutherus antea a Leone X papa legitime et juste appellavi ad futurum concilium, iniquis ad hoc coactus gravaminibus ejusdem Leonis papæ. Quæ vero hic sequuntur, sunt ejusdem appellationis quædam appendix.

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Postquam autem prædictus Leo X in impia sua tyrannide induratus perseverat, et in tantum crescit, ut me quadam bulla, ut fertur, neque vocatum, neque auditum, neque convictum in libellis meis, damnarit; ad hæc concilium ecclesiasticum esse. in rerum natura neget, fugiat et vituperet, tanquam infidelis et apostata, suamque tyrannidem illius potestate impiissime præ. ferat, jubeatque impudentissime, ut abnegem fidem Christi in sacramentis percipiendis necessariam, atque ut nihil omittat quod Antichristum referat, sacram scripturam sibi subjiciat et conculcet incredibili blasphemia, simque his intolerabilibus gravaminibus gravissime læsus, ego prædictus Martinus, omnibus et singulis in Domino notum facio, me adhuc niti et inhærere appellationi factæ et prædictæ, eamque legitime coram notario et fide dignis testibus innovavi, et his scriptis innovo, et innovatam pronuntio, et in virtute ejusdem adhuc persevero appellans, et apostolos petens jure et modo quibus fieri potest et

debet melioribus, coram vobis domino notario publico, et autentica persona, et his testibus ad futurum concilium a prædicto Leone.

Primum tanquam ab iniquo, temerario, tyrannicoque judice, in hoc, quod me non convictum, nec ostensis causis aut informationibus, mera potestate judicat. Secundo, tanquam ab erroneo, indurato, per scripturas sanctas damnato, hæretico et apostata, in hoc, quod mihi mandat fidem catholicam in sacramentis necessariam abnegare. Tertio, tanquam ab hoste, adversario, antichristo, oppressore totius sacræ Scripturæ, in hoc, quod propriis, meris, nudisque, verbis suis agit, contra verba divinæ scripturæ sibi adducta. Quarto, tanquam a blasphemo, superbo contemptore sanctæ Ecclesiæ Dei et legitimi concilli, in hoc quod præsumit et mentitur, concilium nihil esse in rerum na tura, quasi ignoret, etiam si non sit actu congregatum, tamen esse personas in Ecclesia non nihil in rerum natura, immo dominus et judices omnium, qui ad concilium pertinent pro tempore congregandum. Neque ideo imperium aut senatus nihil est, quia imperator cum principibus aut senatores non sunt congregati, quorunr interest congregari, sicut hic insigniter et crasse delirat leo cum suis leunculis. Horum omnium rationem reddere paratus, offero me pro loco et tempore, ad comparendum et standum et audiendum, si quis contradicat mihi. Quocirca oro suppliciter serenissimum, illustrissimos, inclytos, generosos, nobiles, strenuos prudentes viros et dominos, Carolum imperatorem, electores imperii, principes, comites, barones, nobiles, senatores et quidquid est christiani magistralus totius Germaniæ, velint pro redimenda catholica veritate et gloria Dei, pro fide et Ecclesia Christi, pro libertate et jure legitimi concilii, mihi meæque appellationi adhærere, papæ incredibilem insaniam adversari, tyrannidi ejus impiissimæ resistere, aut saltem quiescere, et bullæ hujusmodi executionem omittere et differre, donec legitime vocatus, per æquos judices auditus, et scripturis dignisque documentis convictus fuero. In quo sine dubio Christo rem facient, in die novissima cumulatissima gratia remunerandam. Quod si qui, hanc meam petitionem contemnentes, pergant, et papæ impio homini plùs quam Deo obediant, volo his scriptis me excusatum omnibus, et uniuscujusque conscientiam hac fideli fraternaque monitione requisitam, obstrictam, suoque onere gravatam habere, et judicio extremo Dei super eum locum dare; dixi.

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N° XXIV. pag. 49.

Vita privata di Lutero.

Lutero, doveva alle opinioni sue una condotta che n'era la conseguenza. Aperti i chiostri, ne trasse fuori una folla, di uomini e donne, di cui non si sapeva che fare: prese moglie, e prese una monaca. Qualunque virtù abbiano que due sposi, è difficile ispirino confidenza e rispetto nel far il giuramento della coniugale unione all'altare medesimo ove pronunziarono i voti di'castità e solitudine. Il Cristiano mai non deporrà nel cuore d'un sacerdote il nascoso carico di sua vita, se questo prete abbia un'altra sposa, oltre la Chiesa misteriosa, che custodisce il segreto delle colpe e consola i dolori. Il Cristo pontefice e vittima, visse celibe, e lasciò la terra al finire di sua giovinezza.

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La monaca sposata da Lutero chiamavasi Caterina di Bora; l'amo, visse bene con lei, e fatico delle sue mani per nodrirla; colui che fece de' principi e spogliò il clero, rimase povero; e nel suo testamento, si legge: Assicuro che noi non abbiamo ⚫ nè contanti nè tesoro d'alcuna specie: nè in ciò v'è. meraviglia, • se si consideri che altra entrata non abbiam se non il mio stipendio e qualche regalo..

Piace seguir Lutero nella sua, vita privata e nelle opinioni particolari: ha molti bei pensieri sulla natura, la bibbia, le scuole, l'educazione, la fede, la legge. Curioso è ciò ch'ei dice sulla stamperia un'idea individuale lo conduce ad una verità generale e ad uno sguardo sull'avvenire. La stampa è l'ultimo e supremo dono, pel quale Iddio fa procedere le cose del vangelo: è l'ultima fiamma che splende avanti l'estinzion deisecoli. Grazie a Dio, essa è venuta alla fine ».

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Bisogna sentir Lutero nell'intimità dei domestici sentimenti. Mio figlio e quanto è mio vien odiato dai partigiani del demonio. Eppure tutti que'nemici per nulla turbano il caro fanciullo; nè punto s'affanna che tanti e si possenti signori gli Vogliano male poppa allegramente, guarda attorno a sè ridendo forte, e li lascia, buffonchiare sinchè vogliono ».

Altrove dice de' figli suoi; «Tali erano i padri nostri nel paradiso; semplici ed ingenui: innocenti, senza malizia nè ipocri

sia: saremmo stati proprio come questo bambolo quando parla di Dio, e n'è così sicuro ».

Quali dovettero essere i sentimenti d'Abramo allorquando consenti a sagrificare e scannar il suo unigenito! A Sara non l'avrà detto..

L'ultimo tratto è d'una famigliarità e d'una tenerezza quasi sublimi.

Deplora la morte della sua Elisabetta?

La mia Bettina è morta: e mi fa meraviglia che tanto m'abbia lasciato infermo il cuore, un cuor da donna, talmente io mi sento commosso. Non avrei mai creduto che l'animo d'un padre fosse così tenero per la sua prole. Nel più profondo del cuor mio stanno ancora scolpiti i suoi lineamenti, le parole, i gesti e da viva e da moribonda; docile e rispettosa mia ragazzina! La stessa morte di Cristo (e che sono le altre morti in paragone?) non me la può strappare di mente. Ma, cara Caterina, penṣa dov' ella è ita. Certo fece un bel viaggio. La carne sanguina senza dubbio: è la natura; ma lo spirito vive, e si trova secondo i suoi desiderii. I fanciulli non disputano: quanto si dice loro, credono; tutto è semplicità in essi: muoiono senza dispiacere nè angoscia, senza contrasti, senza tentazioni della morte, senza dolori di corpo, appunto come s'addormentassero »,

Al leggere cose si dolci, si religiose, sì penetranti, uno si sente disarmato, e dimentica la foga del settario.

Sulla morte di suo padre si trovano parole d'una profondità e d'una semplicità bibliche.

lo succedo al suo nome, e sono per la mia famiglia il vecchio Lutero. È la volta mia, il mio diritto di seguirlo colla

morte..

Divenuto malato e melanconico, diceva:

L'impero cade, cadono i re, cadono i preti, e tutto il mondo tentenna, come una gran casa che sta per crollare annunzia la sua rovina colle screpolature »,

Lutero desiderava la morte, e diceva: «Venga presto il nostro Signore e mi tragga seco. Venga col suo ultimo giudizio; io tenderò il collo; vibri la spada, e ch'io riposi.... Oibò! sulla nostra vita neppure la decima diamo a Dio e crederemmo colle buone opere meritarci il cielo? . Che ho fatto io

mai? ...

Questo uccellino ha fissato il suo covacciolo, e va a dormire tranquillo non s'inquieta, non pensa al nido di domani:

Schiar. Vol. VI.

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s'appollaia quieto sul suo ramo, e lascia che Dio pensi per lui,

« O signor Gesù, ti raccomando l'anima mia! lo lascerò questa salma terrena, sarò tolto a questa vita, ma so che resterò eternamente vicino a te ».

Ancora tre volte replicò: Nelle tue mani raccomando lo spirito mio tu mi redimesti, o Signore, Dio della verità » : e subito chiuse gli occhi, e cadde svenuto. Il conte Albrecht, sua moglie, come pure i medici, gli prodigarono soccorsi per tornarlo in vita, e a gran fatica riuscirono. Allora il dottor Jonas gli disse: Reverendo padre, morite con costanza nella fede che avete insegnato?» Egli rispose un si chiaro e netto e si riassopi: indi venne pallido, freddo, respirò ancora una volta profondamente e mori.

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Ecco il si finale, che tenne dietro al no pronunziato a Worms. Si, Lutero persistette, e con esso lui la setta onde fu padre: ma la prova ch'e' non comprendeva l'estensione del movimento cui avea dato impulso è, che ricusò ogni accordo colle altre sette. Così presso al langravio di Assia, non volle ceder nulla a Zuinglio, a Bucer, ad Ecolampadio che il supplicavano di mettersi con loro in accordo, e gli avrebbero dato la Svizzera e le rive del Reno biasimò Melancton che tentava fra' cattolici e protestanti un accomodamento, sul far di quello di cui Bossuet s'occupò con Leibnitz: condannò i contadini della Svevia e gli Anabattisti di Munster, non tanto pei disordini onde s'erano fatti colpevoli, quanto perchè non voleano limitarsi entro il circolo da lui tracciato.

Nè carattere mancò al riformatore, ma alla fine non mostrò il coraggio padroneggiatore di tanto martiri ed entusiasti; non fu nè l'incivile Ario, nè l'indomito Huss: una volta sola si espone, e dappoi si tiene in disparte, minaccia di lontan via, grida che sfiderà tutto, e non sfida niente: ricusa andare alla dieta d'Augusta, e tiensi prudentemente rinchiuso nella fortezza di Coburgo: dice che è solo, che sta per discendere dal suo Sinai, dalla sua Sionne, e intanto vi resta. Ma quando diceva d'essere solo, stava dietro ai duchi di Mecklemburg e di Brunswick, dietro al gran maestro dell'ordine teutonico, dietro all'elettor di Sassonia, al langravio di Assia; avea dinanzi a sè l'incendio da lui medesimo attizzato, e non poteva più essere raggiunto, se non attraverso questa barriera di fiamme.

Riconosciamo in Lutero un uomo di spirito e d'immaginazione, scrittore, poeta, musico: fissò la prosa tedesca la sua tradu

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