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TOBENO- Stamperia Soe. degli Artisti Tipografi. - (con. perm)

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A quanto dicemmo nel Libro V intorno al lusso romano potremo qui aggiungere notizie dedotte da una dissertazione di Gabriele PeignOT, Sur le luxe des Romains dans leur ameublement. Alcune case particolari costavano prezzi ingenti, come quella di Publio Clodio, 14,800,000 sesterzi (L. 2,906,000); quella di Lucullo L. 4,250,000; quella di Cicerone 700,000.

Il gusto de' quadri cominciò quando L. Mummio ne portò alcuni di Grecia, il 146 av. C. Era quelli esposti in vendita fu un Bacco di man d'Aristide di Tebe, pel quale Attalo avea offerti 28 talenti e mezzo (L. 144,000); l'Alessandro fulminante d'Apelle, tolto al tempio di Diana d'Efeso, era stato pagato al pittore 20 talenti d'oro (L. 96,000); e di poi fu venduto per tante monete d'oro quante voleansi a coprirlo. M. Agrippa pagò ai Ciziceni un Aiace e una Venere L. 228,457; una Venere uscente dal mare si pagò L. 480,000; l'Aiace furioso, e la Medea che uccide i figli, L. 384,000; Tiberio, avuta la scelta fra 200,000 lire e un quadro di Atalanta e Meleagro, preferi questo. Vedi le nostre note al Libro III. cap. 20.

Di statue Roma n'avea 70 mila al tempo degl'imperatori. Lucullo ne portò dal Ponto una, che era costata L. 2,400,000. La colossale di Mercurio, opera di Zenodoro, costò 10 anni di lavoro e 800,000 lire.

Tavole d'immensa magnificenza usavano, fatte con legni rarissimi e superbo artifizio di lavoro. C. Gracco n'avea una sostenuta da due delfini, in argento massiccio, che gli costava

mille lire la libbra. La decantata di Tolomeo re di Mauritania in cedro, grossa 5 dita, e grande 4 piedi e mezzo quadrati, dovea valer un tesoro. Cicerone pagò 200,000 lire una di cedro. Gallo Asinio ne aveva una di 220,000 lire; Nonio, liberto di Tiberio, una di cedro, larga 4 piedi e grossa mezzo. Seneca ne avea cinquecento da 3 piedi di gran valore, tutte in cedro col piede d'avorio.

Di gran lusso erano pure i letti, fossero cubicolari per dormire, triclinari per la tavola, o nuziali. In quei della prima sorte, che tenevansi in cameruccie, non sfoggiavasi lusso, e non avean cielo o cortine. I triclinari al tempo d'Augusto erano spesso di cedro, coperto di lamine d'argento, o intagliati e cesellati in oro, avorio, tartaruga, madreperla ed altre materie preziose. Vi si stendeano coperte ricchissime; di cui al tempo di Catone alcuna fu venduta sin 160,000 lire. Nerone ne comprò una variopinta per 775,000 lire. Costosissimi dovean pure esser i letti nuziali.

Estremo era il lusso nelle coppe e tazze, con cui ornavansi gli abachi. L. Crasso ebbe due coppe, cesellate da Mentore, che costavano 20,000 lire. I vasi murrini erano cercatissimi, e un solo fu venduto 556,000 lire. T. Petronio consolare, condannato da Nerone, prima di morire ruppe un vaso murrino di 1,440,000 lire, perchè il tiranno non l'avesse. Vedi il nostro Libro VI, cap. 5. L'imperatrice Livia offri in Campidoglio un vaso di cristallo, che pesava 50 libbre.

Molto sfoggiavano pure ne' piatti, e Silla n'avea che pesavano fin 200 marchi; ove Plinio soggiunge che in Roma se ne sariano trovati 500 d'egual peso. S'andò più oltre sotto gl'imperatori; e uno schiavo di Claudio, tesoriere dell'alta Spagna, fe fare un vaso, pel quale si dovette fabbricar a posta una fonderia; d'argento puro, pesante 500 libbre, che servivasi in mezzo a 8 piatti da 100 marchi ciascuno. Su quel modello ne fe poi eseguir uno Vitellio, che chiamava scudo di Minerva.

Altrettanto piacevansi di lampade e candelabri, variatissimi di forma e di materia.

Delle gemme, degli anelli, delle stoffe, de' profumi, delle pietre preziose, come anche de' mangiari, abbiam altrove parlato ripetutamente. Peignot fornisce in fine una stima delle sostanze di varii cittadini, secondo i dati forniti dagli antichi; e per quanto vi si possa ridire, offre, se non altro, termini di comparazione. Silla avea di sua sostanza

Il comediante Roscio, almeno

Lire

450,000,000

20,000,000

Lire 5,000,000

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Il tragico Esopo benchè spendesse profusamente, talchè in una sola vivanda consumò 20000 lire.

Publio Crasso il ricco, aveva in soli fondi » e quasi altrettanto in case a Roma, schiavi, armenti.

Emilio Scauro, genero di Silla .

Demetrio, liberto di Pompeo, un capitale di » L'oratore Ortensio aquistò alla tribuna Milone andando in esiglio dopo ucciso Clodio, portò buona parte del suo avere a Marsiglia; il resto confiscatogli per pagarne i debiti,

saliva a

Lucullo ebbe da

Alla sua morte i pesci del vivaio d'una sua casa

di campagna furono venduti

Sallustio lasciò

Marcantonio avea per

Virgilio lasciò

tutte per donativi da Augusto. Pel tu Marcellus tris Ottavia gli fe contare 52,000 lire.

Augusto lasciò

In 20 anni aveva ricevuto in doni ed eredità più di 100 milioni. Al suo tempo l'entrata dell'impero sommava a 800 milioni; sotto Vespasiano a 7,000 milioni.

Apicio, celebre gastronomo avea per e quando li vide ridotti a 2,000,000 si uccise per paura di morir di fame

60,000,000

80,000,000

49,200,000

20,000,000

45,000,000

120,000,000

800,000

60,000,000

120,000,000 1,957,424

» 200,000,000

19,575,934

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mille lire la libbra. La decantata di Tolomeo re di Mauritania in cedro, grossa 5 dita, e grande 4 piedi e mezzo quadrati dovea valer un tesoro. Cicerone pagò 200,000 lire una di cedro. Gallo Asinio ne aveva una di 220,000 lire; Nonio, liberto di Tiberio, una di cedro, larga 4 piedi e grossa mezzo. Seneca ne avea cinquecento da 3 piedi di gran valore, tutte in cedro col piede d'avorio.

Di gran lusso erano pure i letti, fossero cubicolari per dormire, triclinari per la tavola, o nuziali. In quei della prima sorte, che tenevansi in cameruccie, non sfoggiavasi lusso, e non avean cielo o cortine. I triclinari al tempo d'Augusto erano spesso di cedro, coperto di lamine d'argento, o intagliati e cesellati in oro, avorio, tartaruga, madreperla ed altre materie preziose. Vi si stendeano coperte ricchissime; di cui al tempo di Catone alcuna fu venduta sin 160,000 lire. Nerone ne comprò una variopinta per 775,000 lire. Costosissimi dovean pure esser i letti nuziali.

Estremo era il lusso nelle coppe e tazze, con cui ornavansi gli abachi. L. Crasso ebbe due coppe, cesellate da Mentore, che costavano 20,000 lire, I vasi murrini erano cercatissimi, e un solo fu venduto 336,000 lire. T. Petronio consolare, condannato da Nerone, prima di morire ruppe un vaso murrino di 1,440,000 lire, perchè il tiranno non l'avesse. Vedi il nostro Libro VI, cap. 5. L'imperatrice Livia offri in Campidoglio un vaso di cristallo, che pesava 50 libbre.

Molto sfoggiavano pure ne' piatti, e Silla n'avea che pesavano fin 200 marchi; ove Plinio soggiunge che in Roma se ne sariano trovati 500 d'egual peso. S'andò più oltre sotto gl'imperatori; e uno schiavo di Claudio, tesoriere dell'alta Spagna, fe fare un vaso, pel quale si dovette fabbricar a posta una fonderia; d'argento puro, pesante 500 libbre, che servivasi in mezzo a 8 piatti da 100 marchi ciascuno. Su quel modello ne fe poi eseguir uno Vitellio, che chiamava scudo di Minerva.

Altrettanto piacevansi di lampade e candelabri, variatissimi di forma e di materia.

Delle gemme, degli anelli, delle stoffe, de' profumi, delle pietre preziose, come anche de' mangiari, abbiam altrove parlato ripetutamente. Peignot fornisce in fine una stima delle sostanze di varii cittadini, secondo i dati forniti dagli antichi; e per quanto vi si possa ridire, offre, se non altro, termini di comparazione. Silla avea di sua sostanza

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Lire

450,000,000

20,000,000

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