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Il Greco trattò la tromba e la lira, poichè non solo spazio con la mente in immenso campo di finzioni per ordinar quel mondo cui diè esistenza, ma sfogò l'estro che l'infiammava in fervide cantilene che scintillano di brillantissimi lampi ; e l'Italiano, che l'emulò nell'uno e nell'altro pregio, ci si offre con la DIVINA COMMEDIA in una mano e col misterioso CANZONIERE nell'altra.

Quanto un tal Canzoniere vada sempre più divenendo un oggetto di vivo interesse, non ha bisogno d' altra pruova che il nome dell' autore: nuove ristampe, nuove illustrazioni, nuove traduzioni, ne sono ampia conferma. Ma quantunque salito in alta estimazione, è assai più importante di quel che generalmente si crede: di ciò intendiamo tener discorso, per trarne una verità tanto ignota quanto ponderosa.

Nella maggior parte delle sue rime liriche l' Alighieri gode aggirarsi intorno alla sua donna, la quale sembra essere quella medesima Beatrice che primeggia come la più luminosa figura del suo poema cosmologico. Ma questa donna, la quale può dirsi il principio motore, il mezzo efficace e'l termine glorioso di tutto quel mirabile misticismo che ivi campeggia, qual fu ella mai? Dobbiamo in essa ravvisare una fanciulla vera e reale, o una creazione fantastica di lui che se ne mostra sì passionato amatore? Ecco il problema che fu da molti trattato e da niuno ben risoluto; poichè fino ai dì nostri si è scritto e si scrive, per sostenere sì l'una che l'altra opinione.

Chiunque prenderà a ponderare con imparzialità le ragioni che di qua e di là sono state addotte, vedrà che la bilancia in cui son poste, ondeggia ancora sì incerta, ch'ella non pende nè da questo nè da quel lato. E pure vi è un peso di tanta efficacia, ma finora inavvertito, da farla dall'un de' due canti definitivamente e per sempre traboccare; e il seguente ragionamento mostrerà qual sia. Prenderemo da alto principio le mosse.

Da che lo studio della Divina Commedia divenne sì generale in Europa, che le edizioni da per tutto moltiplicate parvero bastare appena al bisogno delle avide menti, varj comenti in Italia ed altrove ne apparvero, nuove versioni nelle più pregiate lingue ne vennero elaborate, e non poche opere critiche ne furono

da acuti ingegni di tempo in tempo composte; le quali cose confermano sempre più quella verità, che lo spirito di Dante è v. p omai spirito del secolo. In tanto entusiasmo, era naturale che le opere minori di quel privilegiato intelletto fossero minutamente scrutinate, affinchè le idee da lui sparse negli altri suoi scritti valessero a rischiarare le finzioni e le dottrine ch' erano da lui state nel suo massimo lavoro, di allegorici veli, sì misteriosamente coperte. Ciò appunto fu da molti con sommo impegno eseguito ; ma le reiterate ricerche di tanti valentuomini dettero finora sì scarso risultamento che (uopo è ripeterlo e convenirne) il personaggio più importante della Divina Commedia, quello di Beatrice, tiene ancora divisi o sospesi gl'interpreti circa il suo vero valore: la qual cosa è da lamentare tanto più, che quello è lo stame guidatore che può introdurci sino all' intimo penetrale di sì esteso laberinto, quello è il bandolo che, trovato una volta, sviluppa ogni studiato intreccio di sì complicata matassa. E che lo scioglimento di un tal nodo meni a ben alte conseguenze, lo sentirem proclamare al termine di questo esame, da tutti coloro che lo avranno attentamente considerato.

Or io affermo con animo sicuro che questo nodo, da tante abili mani vanamente tentato, fu destramente sciolto dal poeta medesimo; affermo ch' ei celò lo scioglimento nel suo Canzoniere, il che accresce oltremodo l'importanza di quel lavoro; e quanto qui affermo sarà da me pienamente dimostrato.

Fu detto che la Commedia di Dante è nel punto stesso una e trina, poichè l'unità del disegno è in tre cantiche ripartito. Lo stesso può ripetersi del Canzoniere di lui, poichè esso è unico pel concetto e trino per le parti, come l'autore medesimo ci farà ben tosto sentire; e le tre parti sono la Vita Nuova, il Convito e le Rime Liriche.

In ciascuna delle tre parti l' Alighieri ragiona della sua donna estesamente, ma in modo sì diverso che produce discrepanza fra gl' interpreti.

Circa la Beatrice della Vita Nuova essi non si accordano punto; dappoichè sebbene la maggior parte di loro affermi che dobbiam per essa intendere una donna reale, cioè una fanciulla

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fiorentina di quel nome, pure critici di grande acume in opposizione sostengono che dobbiamo in essa ravvisare una donna figurata, cioè la sapienza delle divine cose; ed altri critici finalmente pretendono che dobbiamo in essa riconoscere sì l' una che l' altra donna, ma in modo siffatto che nella reale è da considerare la figurata: pei primi il senso di quell' opuscolo è meramente letterale, pei secondi è totalmente allegorico, e pei terzi è amendue insieme.

Circa la donna del Convito possiam dire che i critici vadano fra loro unanimemente d'accordo; poichè non possono fare a meno di stare alle parole di Dante, il quale ivi ripetutamente dichiara e dimostra ch' ella figura la Filosofia.

Circa la donna delle Rime Liriche i critici non divergono molto ne' lor pareri; poichè opinano che alcune rime furon dal poeta scritte per la donna vera, ed altre per l' allegorica; nel determinare però quali sieno le une e quali le altre, dissenton talvolta fra loro.

Adunque la difficoltà principale, che può dirsi pe' critici il vero pomo della discordia, è offerta dalla misteriosa Beatrice della Vita Nuova.

Senza stare a ripetere le contenziose sentenze e gli opposti argomenti degl' interpreti, noi aderiremo strettissimamente alle parole di Dante: egli è quello che può decidere la quistione ; e quand'egli abbia ciò fatto, ogni altro dovrà piegar la fronte ed ammutirsi. Appena il peso della sua autorita sarà entrato nell' incerta bilancia, vedremo sbalzare in aria tutte le mal fondate opinioni che gli son contrarie, e preponderar per sempre la coppa dal lato del vero.

Supponiamo che Dante abbia scritto così: Quella Beatrice di cui ho ragionato nella Vita Nuova è un fantasma allegorico in cui ho figurato la Filosofia; supponiamo che, non contento di ciò, fosse passato tant' oltre da dar le chiavi di molte finzioni che in quell'opuscolo paiono realità; e domandiamo: Resterebbe alcun dubbio intorno all' essenza d' una tal donna, dopo siffatte dichiarazioni ed esposizioni di colui che finse di amarla? Ognun può far la risposta. Or bene, ciò che noi abbiam supposto Dante

lo ha eseguito, e ci accingiamo a dimostrarlo, per quanto un limitato ragionamento possa permetterlo.

Supponiamo di più ch'egli avesse aggiunto: Quella stessa donna, in cui figurai la Filosofia nel mio opuscolo, non è affatto diversa dall' altra in cui adombrai la Teologia nel mio poema; talchè la mia Beatrice è un essere ambiguo a cui diedi apparenza di Teologia ma essenza di Filosofia; supponiamo che non pago di ciò si fosse industriato di convertire tutte le illusioni teologiche in realità filosofiche; e domandiamo: Rimarrebbe egli dubbio intorno al mistero di quella donna ch'ei prese a guida nell' allegorico viaggio della Divina Commedia ? Or bene, ciò che or poniam come ipotesi, diverrà più tardi un fatto; e lo proveremo fin dove ne sarà concesso.

Supponiamo finalmente che quanto intorno ad una tal mistica donna ei ne andò nella Divina Commedia e nelle altre sue opere significando, si trovi mirabilmente consono a teorie di scienza occulta, la quale, per autorevoli testimonianze, era ne' suoi tempi segretamente da molti professata; supponiamo che i più rilevanti ufficj de' quali Dante investì Beatrice, e i principj costitutivi che altri scrittori attribuirono a quella Filosofia che sembra Teologia, si trovino fra loro in tale armonica corrispondenza, da rendere visibilissima la lor comune essenza e la loro unica origine; e domandiamo: Sarebbe più dubbiosa la natura di una tal emblematica personificazione, che tanto il vate fiorentino quanto altri autori antichi e moderni avessero così caratterizzata ? Or bene quella che ora offriamo come mera supposizione diverrà più tardi una ineluttabile dimostrazione.

una

Chiunque seguirà attentamente la nostra disamina si avvedrà che colei la quale, rimanendo per più secoli ne' veli avviluppata, quasi godè tormentare la curiosità di consecutive generazioni, non isdegna mostrarsi a faccia scoverta a chi può sostenerne la viva luce; e che quella stessa mano la quale si affaticò a tesser que' veli è pur la medesima che si adoperò a squarciarli.

Gran verità si è questa, di cui saremo ben tosto convinti: Dante fece e disfece l'opera del mistero, egli è la sfinge e

l'Edipo del grand' enigma, ei ci pone la benda e ce la toglie, ei creò le tenebre e la luce. Cento interpreti finora riusciron tutti fallaci, perchè si attennero ad appoggi insussistenti; e può dirsi di loro con le parole di lui: "E manifesto alli sani intelletti che i detti di costoro sono vani, cioè senza midolla di verità; e dico sani intelletti non senza cagione: sano dire si può l'intelletto, quando, per malizia d'animo o di corpo, impedito non è nella sua operazione, ch'è conoscere quello che le cose sono." (Convito.) E conosceremo senza fallo questa sì occulta cosa ch'ei chiamò Beatrice, se a lui solo affidandoci ci scosteremo dalle false guide che nel promettere di menarci alla verità ci allontanaron da essa.

Viaggio di scoperta può dirsi il nostro, da cui torneremo con la prora coronata, poichè la scoperta è sicurissima. L'esperto nocchiero che ci conduce è tale che dell' esito pienamente ci affida: egli stesso creò il mondo ignoto che noi andiamo a cercare, e sa dove rinvenirlo; egli stesso è l'intelletto sano da lui definito, e sano può rendere il nostro.

Per uniformarci in qualche modo al genio misterioso di lui che ci guida, divideremo l'intero corso delle nostre indagini in TRE RAGIONAMENTI, secondo le tre ipotesi innanzi stabilite, le 1.3.quali verranno da lui cangiate in tre verità innegabili. E poichè, giunti alla meta, avrem mirato ciò che occhio profano finora non vide, invitando anche altri a goderne, noi potremo secolui altamente sclamare:

O voi che avete gl' intelletti sani,
Mirate la dottrina che s' asconde
Sotto il velame degli versi strani.

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