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fu quella appunto di non fare in ciò cosa che incontrar potesse opposizione o disgusto.

Niuna sanazione o conferma, per quanto a me sembra, è necessaria sugli atti da me emanati nel porre termine alle questioni insorte nel Belgio in seguito del noto giuramento, perchè mi tenni scrupolosamente alla sostanza degli ordini Pontifici. Ella però sarà in grado di giudicarne assai meglio di me, quando si compiaccia esaminare la mia lettera, e decreto, di cui le trasmisi copia...

(Arch. du Vatican.)

1121 bis. Consalvi aux Nonces.

Roma, 23 gennaro 1802.

(T. V, p. 68.) Confidentissimamente, e solo per sua istruzione, se l'uso e le circostanze lo esigeranno, comunico a V. E. quanto siegue. Una grande amarezza ha provato Nro Signore per una svista commessa a Parigi. Convien sapere, che il vicario di Nro Signore in Imola (il qual vescovado ha ritenuto) essendo stato invitato da Milano, per andare come gli altri al congresso di Lione, o mandarvi un deputato, ed avendo egli sù di ciò scritto a Nro Signore, questi che non voleva in conto alcuno avere alcuna parte a ciò che colà si facesse, prese il partito di farmi rispondere al detto vicario una lettera assai breve, ed ostensible, in cui si diceva che essendo giunta al S. Padre la lettera al 1° di decembre, ed essendo il congresso intimato agli 11, Sua Santità, vedendo essere fuori di tempo, credeva inutile di occuparsi dell' affare.

Questa risposta, inviata dal vicario al governo di Milano, persuase; e tutto andò benissimo. Intanto se ne diede di qui notizia contemporanea al cardinal Legato, perchè se mai gliene parlassero, si regolasse sullo stesso tenore; e se non gliene parlassero, non ne facesse parola. Egli rispose, che ancora non gliene avevano parlato; e che se lo facessero in seguito, avrebbe esattamente eseguite le istruzioni. Quand' ecco che, con la lettera da lui scritta ai 2 gennaro e qui ricevuta ieri l'altro, si sente con dolore infinito, che in una udienza datagli dal

1 Voir t. IV, p. 25.

Primo Console, questo sul fine gli parlò della mancanza della rappresentanza della chiesa d'Imola al congresso di Lione, non essendovi andato il vicario di Nro Signore; al che avendo il cardinal Legato risposto come si era da me scritto al vicario, il Primo Console si tacque, e finì l'udienza.

E per vero dire, qualunque segno di dispiacere potesse avere il cardinal Legato scorto in tal silenzio, sempre era da rimanerne soddisfatto, per quanto la natura della cosa portava, non potendosi pretendere che egli dicesse : « ha fatto bene »; e non essendo poco di esserne usciti senza che o facesse querela, o anche dicesse espressamente di scrivere a Roma che si destinasse. qualcuno, essendoci ancora un certo tempo. Subito che il Primo Console aveva avuto il riguardo e la delicatezza di nulla dire. pareva che la cosa fosse andata in fondo non male. Ma il cardinal Legato scrive che tornato a casa, e pensando fra sè che gli pareva di non essere in ciò stato felice (sono le sue parole), si risolvè a far sapere al Primo Console il rincrescimento che ne provava, e a chiedergli il permesso di autorizzare in nome di Nro Signore il cardinal Bellisomi a colà rappresentarlo; al che il Primo Console avendo assai applaudito, egli scrisse subito al cardinal predetto, autorizzandolo a ciò '; e, quel che è più, disse nella lettera di averne avuto l'espresso comando. da Nro Signore, ben conoscendo forse che le sue facoltà di Legato non si estendevano a ciò, che non aveva a che fare con le cose ecclesiastiche di Francia.

Egli trasmette la copia di questa lettera, ed implora di tutto questo l'approvazione pontificia. Io non so dire abbastanza quanto questo fatto abbia trafitto il Papa, che vede la difficoltà, e dirò anche l'impossibilità di le désavouer, e vede insieme le conseguenze che seco porta. Lascio andare la difficoltà minore, (che pure è grandissima), qual' è quella di non essere del nostro interesse lo screditare in Parigi stesso, non che altrove, il Legato, sopra di un simile arbitrio che si è preso. Dico solamente, come si può andare incontro ad un irritamento terribilissimo del Primo Console, col procedere a manifestargli tale disapprovazione, anche in privato? E che sarebbe poi, facendola in modo che la conoscesse il pubblico coi cattivi effetti proce

1 V. t. IV, p. 530.

denti da una tal rappresentanza del Papa in Lione (benchè come vescovo d'Imola)? Una pronta disapprovazione a nulla gioverebbe. Questi, ed altri riflessi che tralascio, dimostrano la difficoltà, e forse la impossibilità di far nulla in contrario.

Dall' altro canto, quali conseguenze seco non porta una tal rappresentanza in Lione? Senza parlare di cose ecclesiastiche (questo è da credersi, che i vescovi colà non si presteranno a cose che offendessero gli interessi della religione, nè lo permetterà lo stesso Primo Console), io parlo delle viste temporali, cioè della approvazione della costituzione Cisalpina, e della comprensione nel territorio Cisalpino delle Legazioni, per cui ecco che si pretenderà d'inferirne, che il Papa presente abbia con ciò fatto un atto positivo, analogo al trattato di Tolentino, dopo tanto studio e fatiche fatte finora per astenersene, e dopo il coraggio mio, ed il rischio di avere sù di ciò parlato lealmente e francamente allo stesso Primo Console, e dettogli alla sua presenza in sì delicato tasto, che il Papa non intendeva di stare a quel trattato, rotto almeno dagli stessi Francesi, e che mai farebbe atto, o direbbe parola, che ne portasse l'approvazione, anzi si condurrebbe sempre nel contrario senso, sperando anche nella di lui magnanimità, ecc '.

Nell' imbarazzo e nel dolore, in cui si trova il Papa in questo momento, mi ordina però di informarne V. E. in gran segretezza, perchè possa tale notizia servirle di lume, onde con prudenza regolarsi nei casi che si dessero, per evitare ogni danno che ne venisse alla S. Sede dalla opinione che ci fosse stata veramente l'autorizzazione di qui, sebbene la sua gran bontà non inferirebbe forse di reclamare.

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Carissime in Christo fili noster, salutem et apostolicam benedictionem.

Nelle gravissime angustie a cui siamo, carissimo in Cristo

1 Cf. t. III, p. 259, etc.

Nous empruntons au P. Rinieri le texte de cette circulaire, ainsi que celui de la pièce semblable n° 1144 bis.

figlio nostro, per i molti pericoli che minacciano la religion cattolica in Germania, non troviamo maggior conforto di quello di rivolgerci a voi, che mentre avete il merito e l'immortal gloria di esserne il ristoratore in Francia, non potete non compiacervi di divenirne pur anche il protettore nella Germania. Questo glorioso titolo ci preghiamo vivissimamente, carissimo in Cristo figlio nostro, di volervi assumere ora, col far uso della vostra autorità e del vostro potere in favore della religione di una parte sì vasta d'Europa.

Voi certamente non ignorate, che l'affare delle indennizzazioni de' principi d'Alemagna va a dipendere dalle determinazioni che prenderà la Deputazione dell' Impero, la qual si crede autorizzata a disporre di tutti i beni e diritti di quelle chiese; e non ignorate che il re di Prussia, l'elettor di Baviera, il landgravia d'Hassia e il duca di Virtemberga, sono nel più fermo proposito di far servire alle indennizzazioni dei principi i beni delle chiese, e le sovranità de' vescovi di Germania'.

Questo passaggio dalle mani de' pastori della greggia del Signore in quelle di principi, per la maggior parte eterodossi e nemici della Chiesa cattolica, trafigge amarissimamente il nostro cuore per le funestissime conseguenze che porta alla religione. L'esperienza de' passati secoli ha fatto conoscere a tutto il mondo i gravissimi danni che la religione ha sempre sofferti in simili cambiamenti; e la storia ci somministra esempi troppo luminosi che a preservarla non giovano i più solenni trattati, le più speciali garanzie, le più sacrosante promesse. Fin tantocchè l'avidità di nuovi domini ne' principi acattolici ha creduto di aver un mezzo efficace pel conseguimento de' medesimi nel far trattati, e promesse solenni, non si è avuta difficoltà di abbondare, e far pompa di promettere di conservar la religione, e di lasciare ai cattolici tutte le loro prerogative, e

L'art. 7 du traité de Lunéville portait que, en conformité des principes formellement établis au Congrès de Rastatt, l'Empire sera tenu de donner aux princes héréditaires qui se trouvent dépossédés à la rive gauche du Rhin, un dédommagement, qui sera pris dans le sein dudit Empire, suivant les arrangements qui, d'après ces bases, seront ultérieurement déterminés. Le Pape savait, depuis un an (t. II, p. 28), que la base des indemnités serait la sécularisation de principautés ecclésiastiques; mais jusqu'ici il n'avait pas jugé opportun de faire à cet égard un appel direct au P. Consul (cf. t. II, p. 50).

la piena libertà del culto. Ma appena si sono essi veduti in possesso degli oggetti del loro desiderio, i beni ecclesiastici sono divenuti la prima preda del nuovo padrone, e subito è stata imposta una durissima servitù, e un giogo ferreo alla giurisdizione de' vescovi, e si è sempre suscitata una continua e sorda guerra contro i medesimi, a cagione della necessaria loro comunicazione col capo visibile della Chiesa, a separarli del quale non si è mai lasciato intentato alcun mezzo. Da queste cause principalmente son nate, carissimo in Cristo figlio nostro, le dolorosissime perdite che ha fatte la religion cattolica in Germania negli stati acquistati da principi eterodossi; e queste stesse cause andranno ora a svilupparsi con tanto maggior energia e furore, quanto è più esteso il piano che vorrebbe realizzarsi, di toglier tutto alle chiese e ai vescovi, per passarlo in mano di principi che non sono nell' ovile del Signore, anzi per la loro professione ne sono nemici.

Non v' ha bisogno, che noi rappresentiamo all' alta vostra penetrazione, carissimo in Cristo figlio nostro, l'immenso danno che in conseguenza ne verrebbe alla nostra santa religione, di cui avete la gloria di essere il ristoratore in Francia, nè occorre che vi trattenghiamo a farvi riflettere sull' eterna perdita di un infinito numero di anime, che la divina Provvidenza ha specialmente commesse alla pastorale nostra sollecitudine e vigilanza. Ma quel che vi preghiamo a voler riflettere, carissimo in Cristo figlio nostro, è il tremendo peso che l'apostolico ministero, di cui senza alcun nostro merito siamo rivestiti, ci impone, di fare quanto per noi si può per allontanare dalla Sposa del nostro divino Redentore ogni pericolo e danno, e di condurre all' eterna salute quel maggior numero di anime che per noi si possa. Voi altresì vedete, che a corrispondere a un così stretto obbligo, non abbiamo altri mezzi che quelli di parlare, di pregare, di scrivere. Al contrario il Signore ha posto in mano vostra un'autorità e un potere, da cui più che da qualunque altro la sua diletta Sposa può essere preservata dagli imminenti danni e pericoli. Vi preghiamo dunque, carissimo in Cristo figlio nostro, e vi scongiuriamo per le viscere della misericordia del Signore Dio nostro, a voler proteggere la religione, pur troppo pericolante nella Germania, col non lasciare che i beni di quelle chiese, e le sovranità di quei vescovi passino nelle mani de'

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