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nemici del cattolicismo. Più grave ferita di questa non può ricevere la santa religione in quelle parti, se tal piano va ad eseguirsi; e noi vediamo con estremo inesprimibile dolore, che questo è il fatal colpo che va a reciderla ed a schiantarla interamente, attese le occulte gravissime persecuzioni, dalle quali ivi più che altrove è avvilita, combattuta, calpestata dai più insidiosi e feroci nemici suoi.

Credete voi, carissimo in Cristo figlio nostro, che essi non sospirino un tal momento, come quello che è il più sicuro mezzo di pervenire alla meta degli empi e pravi loro desideri? Essi si sono invaghiti tanto più del perfido loro disegno di destruggere la religione, quanto hanno veduto che voi, fornito di tanto potere, ve ne siete dichiarato il ristoratore e il sostenitore in Francia. A voi hanno essi dichiarata sordamente la guerra, ed usano tutti gli artifizi, e tutti gli sforzi per togliervi l'immortal gloria di difensore del cattolicismo. Vogliono essi che tutto il mondo veda, che sono essi più potenti ad abbatterlo che voi a sostenerlo; vogliono che tutto il mondo abbia a conoscere, che se il Primo Console della nazion francese è invitto al campo, e tra il ferro e il fuoco, si vince però facilmente coi raggiri, colle astuzie, colla malizia nella causa della religione; vogliono perfine che l'impegno vostro di sostenerla, col farlo rimanere privo d'effetto, abbia a comparire agli occhi di tutta l'Europa un sogno, per quindi rovinare col cattolicismo la vostra estimazione, il vostro onore, la vostra dignità. A questi enormi progetti, carissimo in Cristo figlio nostro, voi dovete opporre l'autorevol peso della vostra protezione e possanza, e noi ve ne scongiuriamo con tutto il fervore del nostro spirito.

Che se, per fatal disgrazia, nemmeno a voi potesse riuscire di toglier dalle fauci degli affamati lupi che invadono la greggia del Signore, i domini e le sovranità de' vescovi della Germania, vi preghiamo a estendere almeno la vostra protezione a difendere le prerogative delle chiese, a conservarne le diocesi, a patrocinare la religione, a sostenere i diritti della Santa Sede, e preservare i cattolici da ogni oppressione ed aggravio, se passar dovessero sotto la dominazione di principi eterodossi. La gloria che vi siete acquistata, carissimo in Cristo figlio nostro, coll' esservi dichiarato ristoratore e sostenitore della santa religione cattolica, giungerà al suo più sublime grado, se non tralascerete

alcuna occasione nè alcun mezzo di soccorrerla in qualunque tempo e in qualunque parte essa abbia bisogno di esser soccorsa. La Germania presenta in questo momento un vastissimo campo al vostro zelo, al vostro impegno, al vostro desiderio. Noi vi supplichiamo a voler coglierne l'occasione, e non tralasceremo d'implorarvi dall' Altissimo colle umili nostre orazioni i più felici successi, e la pienezza di tutti i beni spirituali e temporali, e in pegno del nostro vivissimo desiderio vi diamo, colla massima tenerezza del nostro paterno cuore, l'apostolica benedizione. (Arch. du Vatican.)

(T. V, p. 116.)

1144 bis Consalvi aux Nonces.

Roma, 20 marzo 1802 (en chiffres).

Eccomi a ragguagliare in breve l'E. V. del tenore delle risoluzioni, prese da Nro Signore in seguito d'una segretissima congregazione di sig. cardinali', che si è tenuta relativamente agli affari della Repubblica Italica, con farle conoscere a Parigi per mezzo dell' aiutante di campo Lebrun, che parte dimani'. Prego però V. E. a tenere tali cose segretissime, servendosene solo per lume nei casi che le si possono dare; mentre ben vede quanto sia rischioso l'aggiungere, di faccia al Primo Console, qualche cagione di mal umore, per la pubblicazione del tenore delle nostre risposte, per un sopra più alla impressione che possa fargli il tenore stesso delle medesime, che V. E. può bene immaginare essersi procurato di vestire della più onesta e delicata forma. Alla petizione adunque risguardante le leggi organiche sul Cf. t. V, p. 82, note. En ce qui concerne les résultats de la Consulte de Lyon, la congrégation avait discuté... 2. Quali cose non ammissibili dalla S. Sede contengansi nelle leggi organiche sul clero, trasmesse dai vescovi della Cisalpina; ed in quai termini convengasi sia risposto dal S. Padre alla lettera di tali vescovi. 3. Se si giudichi necessario il farsi carico dei due articoli contenuti nella costituzione, e risguardanti l'uno l'alienazione de' beni ecclesiastici, e l'altro la libertà di tutti i culti. — 4. In quai termini convenga che Sua Santità replichi a ciascun capo della lettera confidenziale del P. Console, e qual partito sembri espediente di usare intorno alle nomine già da lui fatte. 5. Del card. Caprara ad arcivescovo di Milano; di mgor Codronchi ad arcivescovo di Bologna; di mgor Oppizoni ad arcivescovo di Ravenna, e del suddetto mgor Condronchi al cardinalato. (Arch. du Vatican; dans Rinieri II, 143, note.)

Voir t. V, p. 117.

clero, e anche la costituzione di ciò che risguarda la religione, si è fatto conoscere la soddisfazione di Nro Signore per la solenne dichiarazione, che la religione cattolica è la religione dello Stato; ed anche per gli altri vantaggi, che risultano alla Chiesa in conformità della situazione in cui si trovavano ridotte. Non si è lasciato però di rilevare quali cose restano ancora da implorare, a compimento dell'opera; quali, da chi, e dove, che si modifichino. Così con dolcezza, ma insieme con aperta significazione si è procurato di far conoscere, che così si è soddisfatti sì delle cose asserite ed omesse, che di varie cose che vi si trovano stabilite.

Alla nomina del cardinal Caprara per la chiesa di Milano, non si è fatto difficoltà nelle debite forme. A quella per la chiesa di Bologna, e Ravenna, non si è falta difficoltà sopra i soggetti, ma bensì sulle nomine stesse, dicendo delicatamente ma apertamente, che nella speranza di ottenere dalla magnanimità del Primo Console la restituzione delle Legazioni, Sua Santità si lusinga di non essere obbligata a fare atti, che possano in qualche modo pregiudicare agli interessi della Santa Sede. E quanto alla nomina di mgor Codronchi al cardinalato, si è risposto che se intende di farsi come Primo Console di Francia a tenore del concordato, non ci è difficoltà, e si realizzerà alla occasione della promozione delle Corti; se poi s'intende diversamente, si è detto che Nro Signore, per soddisfare un desiderio del Primo Console, non avrà difficoltà di farlo (dopo vacati i cappelli necessari alle Corti); ma che conviene ritirare la nomina, che al Preside della Repubblica Italica non compete'. Mi astengo dal dettaglio delle altre proposte e risposte, che meno possono interessare il generale degli affari.

Quanto alle risposte ai vescovi, in sè stesse delicatissime, per evitare non meno lo scoglio che si urti il Primo Console (quasi che si eccitino i vescovi a non conformarsi alle massime e ordinazioni del governo che le regole della Chiesa non permettono, potendo tutto al più Nro Signore soffrire alcune cose, ma non sanzionarle), si è tenuto anco di questo lo stesso linguaggio, che ho accennato essersi tenuto nello scrivere a Parigi, usando tutta la cautela, e delicatezza, e saviezza possibile 2.

Voir la pièce no 1439 (t. V, p. 101). * Voir la pièce n° 4144 (t. V, p. 115).

Creda però V. E., che si è continuamente nelle più grandi angustie di spirito, e che incontrando come suol dirsi ad ogni passo un sasso, anzi per lo più un monte insalibile, il minor male che ne ridonda è una angosciosa continua contenzione dello spirito, che logora la vita, mentre si vede sempre l'assai maggior rischio della rovina, che da un'alterazione di buona armonia può ridondare alla causa della Religione, non che dello Stato; alterazione assai rischiosa con chi crede anzi di dovere essere lodato e ringraziato per quel bene che fa, e che essendo solo a farlo, a traverso anche d'infiniti ostacoli, ha ben anche un diritto di così credere. E qui ripeterò, che chi vorrà rettamente giudicare del concordato, quando si conoscerà, dovrà arguire qual difficoltà ci sia stata in farlo, quando tanta ne prova di pubblicarlo, quello stesso che pare che abbia tutta la fama.

(Arch. du Vatican.)

1225 bis. Relations de la réception du Légat. (T. V, p. 448.) [Paris, 9 avril 1802.]

I. Journal d'Erskine.

The next day, the 9th, cardinal Caprara, Legate a latere, paid his first public visit to the government. He left his house, rue Plumet, hôtel de Montmorin, about half-past one. The carriages of the three Consuls came to fetch him, which with his own made ten carriages. One carriage led the way with cross-bearer and chaplain and the cross inside, and a detachment of gendarmes, trumpeter, and officers at the head. The carriage of the First Consul came next, containing the Legate, myself', and a Prefect of the palace, with mounted officers riding beside the windows, and at the back of the carriage. Then came the carriages of the second and third Consuls, and of the cardinal, all containing the suite. Gendarmes on every side; and lastly another detachment of gendarmes followed by two detachments of dragoons, each a hundred in number.

The route was by the boulevard des Invalides, rue de Grenelle,

Cf. t. V, p. 442, note 1; 448. 18 décembre (t. IV, p. 525, note 2.)

Mgor Erskine était à Paris depuis le

the palace of the Corps législatif (olim Bourbon), the bridge and quay of the Revolution and the Grand Carrousel to the great gate of the Tuileries. The Legate, on arrival, found the cross-bearer already standing with the cross raised. At the entrance and along the staircase were grenadiers and officers lining the way and presenting arms. The cross preceded as far as the door of the council chamber on the first landing, and the Legate passed to the second landing place, with the same Prefect of the palace ever on his left. At the outer door of the apartment, a general met the Legate, and there was still the same accompaniment of grenadiers, presenting arms, with beating of tambours. The Legate was met at the second door by general Duroc, commandant of the palace, and at the third by the Prefect of the palace on duty. The fourth door was shut. The Prefect passed in through it, and closed it behind him. Then, on a sudden, the door was thrown wide open, and we entered the audience chamber.

At the end of this chamber were three chairs with four aidesde-camp behind them, and the three Consuls stood in front. At the sides stood the ministers of State, prefects and councillors. On the entrance of the Legate, the First Consul advanced to the middle of the room to meet him. Here the Legate interchanged compliments in french with the First Consul. Then a chair was brought and placed opposite to the chairs of the Consuls, but no one sat down. Then the Legate read in latin a formula of oath, the reading of which had all the air of a surprise. In fact, half-an-hour before the Legate left his house, Portalis went to him on this subject. Although the Legate had told me that an agreement had been made that no oath was to be read, Portalis brought a formula, which the Legate could not approve. Portalis then departed, but returned at the very moment when the Legate should have mounted his carriage, and Portalis and the Legate were together some minutes in private.

After the reading of the oath, the First Consul talked with the Legate on common matters, and asked the names of those with him. He asked me after my health. He then asked the Legate if he had brought theologians. The Legate pointed out one theologian, whom the First Consul addressed, telling him

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