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sioni od essere impiegati presso altri corpi morali, istituti di credito o commercianti.

Il consiglio centrale di amministrazione potrà mantenere pei pandettari l'esenzione da tale disposizione, provvedendo però che non venga incaglio alla regolarità del servizio.

I capi di ufficio hanno l'obbligo di far noto al direttore generale quelli, tra gl'impiegati dipendenti, che si mettano nella condizione d'incompatibilità di cui è parola.

Art. 304.

È vietata la cumulazione degli uffizii o degl'incarichi nel banco, ancorchè temporanei, se non è esplicitamente consentita dal consiglio centrale di amministrazione per ragioni di servizio.

Art. 305.

Sarà concessa un'indennità di trasferimento all'impiegato che venga traslocato per ragioni di servizio.

Se il trasferimento fu richiesto dall'impiegato, non è dovuta l'indennità.

Le istruzioni di massima regoleranno la misura della indennità, tenendo calcolo della distanza, del numero delle persone di famiglia a carico dell'impiegato che si trasferiscono con lui, e delle altre spese necessarie, graduate possibilmente in ragione di grado e stipendio dell'impiegato.

Art. 306.

Per esecuzioni d'incarichi da esaurirsi fuori la propria residenza, l'impiegato, oltre all'indennità di trasferta, ha dritto ad una diaria, in ragione del grado e stipendio,

nella misura di quella fissata per gl'impiegati dello Stato, giusta il regio decreto del 14 settembre 1862.

Art. 307.

I congedi sono accordati dal direttore generale nei termini dello statuto, e dai direttori di sedi e succursali nei limiti stabiliti dal presente regolamento.

I direttori delle dipendenze in Napoli possono accordare congedi agli impiegati della dipendenza non oltre cinque giorni.

Ulteriori congedi per speciali circostanze potranno essere accordati dal consiglio centrale, ma senza godimento di stipendio, salvo casi d'infermità.

Art. 308.

Gl'impiegati del banco possono essere messi in disponibilità, per soppressione di uffizio o per riduzione dei ruoli organici.

Agli impiegati in disponibilità è concesso un assegno non maggiore della metà dello stipendio. Qualora abbiano diritto a un maggior trattamento di riposo, l' l'assegno sarà pari alla pensione che loro spetterebbe.

La disponibilità non si protrae oltre i due anni.

Il periodo della disponibilità sarà computato come utile nella liquidazione della pensione, e pertanto se ne farà la relativa ritenuta.

Art. 309.

L'aspettativa per comprovati motivi di salute può essere disposta di uffizio.

Il consiglio centrale di amministrazione determina la parte di stipendio che sarà assegnata all'impiegato durante l'aspettativa.

Art. 310.

L'aspettativa chiesta per motivi di famiglia non può eccedere la durata di un anno, e non porta assegno di sorta. Il tempo passato in aspettativa per motivi di famiglia si detrae nel computo dell'anzianità dell'impiegato.

Art. 311.

Il periodo di tempo passato in aspettativa, di che negli articoli precedenti, sarà computato per metà come utile nella liquidazione della pensione, facendosi però il rilascio della corrispondente ritenuta.

Art. 312.

Gl'impiegati del banco, chiamati sotto le armi per fatto di leva, sono collocati in aspettativa senza assegno. Essi conservano la loro anzianità nel ruolo organico; ma non possono conseguire promozioni.

Art. 313.

Agl'impiegati del banco, nonchè ai pandettari, estimatori, uscieri e servienti, sarà corrisposta la indennità del dieci per cento sullo stipendio che godono, quante volte per un quinquennio non abbiano avuto promozione; e salvo quanto è detto negli articoli 317 e 318.

Art. 314.

La indennità, di cui all'articolo precedente, cessa con la promozione dell'impiegato ad una classe superiore; e quando vengano a cumularsi due decimi per due quinquenni consecutivi. Qualora però, col secondo quinquennio ottenuto, si venisse ad oltrepassare lo stipendio della classe o grado prossimo superiore, l'impiegato avrà diritto alla sola differenza.

Art. 315.

Ogni decimo di aumento sarà commisurato alla ragione dello stipendio normale, ed incomincerà a decorrere dal mese successivo a quello in cui l'impiegato avrà compiuto il quinquennio.

Art. 316.

Nel computo del quinquennio per l'aumento del decimo sullo stipendio, non va compreso il tempo dall'impiegato passato in aspettativa, o in disponibilità.

Art. 317.

L'aumento del decimo quinquennale non si estende agli stipendi superiori a lire seimila. Però agl'impiegati che, pur avendo uno stipendio maggiore di lire seimila, godono, all'attuazione del presente regolamento, dell'aumento quinquennale, è conservato questo diritto.

Art. 318.

La indennità del decimo quinquennale sarà sottoposta alla ritenuta del 2 112 per cento pel fondo delle pensioni. Nella liquidazione delle pensioni l'indennità del decimo sarà aggiunta allo stipendio, sempre che sia stata goduta per due anni, a norma delle disposizioni contenute nel presente regolamento relative alle pensioni.

Art. 319.

L'aumento quinquennale dello stipendio non è concesso, se non all'impiegato che abbia dato prova di lodevole condotta nell'adempimento dei suoi doveri di uffizio.

Art. 320.

Gl'impiegati che contravvengono ai doveri del proprio uffizio, ed in qualsiasi modo compromettono l'onore, la

dignità o gl'interessi dell'istituto cui appartengono, saranno soggetti a pene disciplinari.

Art. 321.

Le pene disciplinari sono:

a) La censura a voce o per iscritto;

b) La multa, cioè la ritenuta sullo stipendio dell'impiegato, la quale può estendersi fino all'equivalente di dieci giornate del suo lavoro di ufficio;

c) La sospensione dall'impiego, con perdita di tutto o parte dello stipendio;

d) Il passaggio a classe inferiore;

e) La rimozione, o destituzione dall'impiego.

Art. 322.

Tanto la censura, verbale o per iscritto, secondo i gradi della punizione, quanto la multa saranno applicate dal direttore generale o dai capi degli stabilimenti del banco per negligenza dell'impiegato nell'adempimento dei propri doveri, per insubordinazione, o eccitamento alla insubordinazione verso i superiori e per assenza dall'uffizio non giustificata.

Art. 323.

La sospensione verrà applicata all'impiegato per recidiva nei fatti che diedero luogo a precedenti censure; per ritardo a restituirsi in uffizio scaduto il congedo; per inosservanza del segreto di uffizio; e quando, per aver contratto frequenti e continui debiti, sia causa all'amministrazione, per conseguenti sequestri o cessioni, d'incomodi o d'incaglio al regolare corso degli affari; non che per tutte le altre mancanze o negligenze gravi che possono recare offesa al decoro o agli interessi dell'isti

tuto.

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