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mente sul corso degli effetti pubblici, i quali nelle attuali circostanze aveano un movimento continuo, e che il prodotto netto de' beni stabili destinati all'ammortizzazione. non era in proporzione col totale del vecchio debito consolidato da ammortizzarsi; ritenendo quindi che l'acquisto fatto, all'opportunità, al prezzo di commercio, secondo il sistema generalmente adottato dagli altri Governi d'Europa, riesciva di maggior vantaggio ai possessori stessi, perchè, redimendosene in tal guisa una quantità maggiore, se ne diminuiva la massa commerciale, e ne diveniva però più facile la vendita; avuto in vista il gradimento esternato da alcuni de' primari creditori, ed interpellato il parere della congregazione della cassa d'ammortizzazione; si autorizzò fin dallo scorso settembre la congregazione medesima ad effettuarne, come di fatti questa ne ha effettuato l'acquisto nel modo indicato, impiegandovi quelle somme che avrebbero dovuto servire per l'estrazione; il che ha prodotto che il valore dei pubblici effetti, in mezzo a circostanze ben dure, siasi sostenuto.

Quindi in data del 21 novembre 1832 si ordinò che la estinzione della vecchia rendita consolidata avesse ad operarsi per acquisti al valore di borsa, e che la nuova rendita avesse a continuare ad ammortirsi per sorteggio sino alla completa sua estinzione.

Compiute le annessioni al regno Sardo, e quindi al regno d'Italia, delle provincie delle Romagne, delle Marche, dell'Umbria e di Benevento, si determinò per decreto del governatore generale delle Romagne in data 16 settembre 1859, e successivamente per decreti reali 21 febbraio 1861 e 21 aprile 1862, il riconoscimento del debito permanente nominativo che, alla scadenza del 1° semestre 1859, per le

Romagne, e di quella del 1o semestre 1860, per le altre provincie, trovavasi allibrato pel pagamento semestrale, trimestrale, mensile nei registri delle rispettive casse camerali, e se ne dispose il pagamento.

Nell'operazione di riconoscimento lo scudo romano fu ragguagliato a lire 5 32 in base della tariffa che era stata approvata con regio decreto del 17 luglio 1861, e in tale misura furono eseguiti i pagamenti semestrali a tutto dicembre 1866.

Procedutosi intanto alla stipulazione della Convenzione internazionale del 7 dicembre 1866, in esecuzione della Convenzione del 15 settembre 1864, pel riparto proporzionale del Debito pubblico pontificio, la parte afferente alle provincie annesse risultò di lire 18,627,773 33, cioè:

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Il riparto del debito fu fatto in ragione di popolazione. Lo scudo romano che erasi ragguagliato a lire 5 32, secondo la tariffa approvata col decreto 17 luglio 1861, fu portata a lire 5 35.

Il servizio effettivo del debito fu assunto a cominciare dal 1° semestre 1867, salvo il compenso al governo pontificio per le rate semestrali decorse e pagate dal giorno delle annessioni a tutto il 1866.

Con protocollo finale sottoscritto a Firenze il 31 luglio 1868 furono determinate le iscrizioni di rendita che per i vari debiti dovevano passare sul gran libro italiano, e fu ad un tempo ridotta a lire 7,333,308 89 la somma del debito permanente che nella Convenzione del 7 dicembre 1866 erasi determinata in lire 7,892,984 78.

Annessa da ultimo nel 1870 al regno d'Italia la provincia di Roma, il governo italiano ebbe ad assumere il carico della quota parte del debito che era rimasta a peso del governo pontificio e le addizioni avvenute posteriormente al riparto.

La somma del debito permanente che dovea rimanere a carico del governo pontificio all'epoca della sottoscrizione della Convenzione del 1866 era di lire 2,431,355 14. Alla data del 1° gennaio 1867 e secondo le nuove liquidazioni essa risultò di lire 8,372,732 36. All'epoca dell'annessione della provincia di Roma, secondo la situazione del debito al 1° ottobre fu di lire 17,063,433 36.

Le due prime somme erano però in base del ragguaglio dello scudo a lire 5 35. L'ultima somma trovata iscritta nel gran libro pontificio rappresentava il ragguaglio dello scudo a lire 5,375.

Questo ragguaglio era stato stabilito dal governo pontificio con editto del 18 giugno 1866.

Il ragguaglio che erasi adottato dal governo italiano col regio decreto del 17 luglio 1861 non era che la valutazione facoltativa d'una moneta coniata in uno Stato estero al disotto del suo valore intrinseco per tutelare la legale moneta dello Stato; il ragguaglio di lire 5 35, adottato nel 1866 pei calcoli di riparto, erasi proposto dal governo francese in riguardo al succennato principio di valutazione di una moneta estera, e per avere anche esso fissato il valore legale dello scudo romano nel proprio Stato a ragione di lire 5 35, comunque in esso si rinvenisse tanto argento puro da equivalere a lire italiane e francesi 5,375.

Per queste ragioni nel presentarsi al Parlamento nazionale il progetto di legge per unificazione dell'intiero De

bito pubblico pontificio, si propose di portare anche a lire 5,375 il ragguaglio dello scudo per la parte di rendita che già erasi assunta dal governo italiano in base del protocollo finale del 31 luglio 1868, per cui la quota di rendita di lire 7,333,308 S9 sarebbesi elevata a lire 7,367,376 70, che aggiunta alla rendita trovata iscritta al 1° ottobre 1870 in lire 17,063,433 36, dava un totale in rendita permanente di lire 24,431,010 06 che distinguevasi per lire 22,459,518 58 in rendita consolidata e per lire 1,971,491 48 in assegni per culto, beneficenza, istruzione ed altro.

Il debito consolidato pontificio, riconosciuto dopo l'annessione della provincia di Roma al regno d'Italia colla legge 29 giugno 1871, e mandato trascriversi in rendita consolidata italiana 5 % risultò di lire 22,459,518 50, cioè: L. 7,415,036 68, rendita già assunta per effetto della

Convenzione internazionale del 7 di

cembre 1866 e del protocollo finale. del 31 luglio 1868;

15,344,481 90, rendita trovata iscritta nel gran libro pontificio al 1° ottobre 1870.

La differenza apparente fra le risultanze del protocollo finale e quelle che si riscontrano nello stato annesso alla legge deriva: in primo luogo dal ragguaglio dello scudo romano, che invece di lire 5 35 si ebbe ad elevare a lire 5.375, quale era stato fissato dal governo pontificio con editto del 18 giugno 1866 ed applicato nella conversione della rendita consolidata, dallo scudo in lire italiane; in secondo luogo dagli assegni di culto ed altri che non rappresentando vera rendita consolidata, si stralciarono per essere assunti in contabilità speciale.

Oltre il debito permanente il protocollo finale comprendeva tre altre categorie di debito redimibile, cioè il prestito Parodi 20 gennaio 1846, il prestito Rothschild 10 agosto 1857 e il prestito 18 aprile 1860 e 26 marzo 1864.

Colla legge del 29 giugno 1871 furono riconosciute due nuove categorie di debito redimibile, il prestito 28 gennaio 1863 e quello 11 aprile 1866.

Nel 1846 regnando il papa Gregorio XVI, il governo pontificio volendo porre in equilibrio le finanze non poco dissestate, a causa specialmente dei moti rivoluzionari che avvenivano nel regno, e provvedere a stringenti esigenze del tesoro, con atto del 20 gennaio alienava alla casa bancaria Torlonia e Comp. un capitale nominale di due milioni di piastre romane, corrispondenti, al cambio di lire 5 40 per ogni piastra, a lire italiane 10,800,000, costituendo al 5% una rendita di piastre 100 mila corrispondenti a lire italiane 540,000 in obbligazioni al portatore di lire 1000, ossia piastre romane 185 54 per ciascuna. Il prestito fu negoziato colla casa Torlonia e Comp., con facoltà alla casa bancaria di cederlo a piacimento.

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A questo prestito si accordarono tutte le garanzie e i privilegi di cui godeva la rendita iscritta sul gran libro.

Per l'estinzione del prestito fu assegnato un fondo annuo nella misura dell'i % sul capitale nominale della rendita, con aumento semestrale degli interessi delle obbligazioni riscattate.

Il pagamento degli interessi semestrali e il riscatto delle obbligazioni dovea aver luogo in Genova ed esclusivamente per l'opera della casa bancaria Bartolomeo Parodi, che ne era incaricato dalla casa Torlonia e Comp. di Roma.

Il riscatto per ricompra alla Borsa non dovea però aver

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