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dell'asta pubblica, fatta però facoltà al ministro della finanza di ricevere le offerte private che gli fossero presentate.

Le obbligazioni furono alienate negli anni 1850 al 1853 al corso medio di it. L. 76 62 nel 1850; 78 12 nel 1851; 82 32 nel 1852 e 86 52 nel 1853.

Per l'ammortamento del debito fu fatto un assegno annuo di it. L. 504,000, in ragione del 2% del capitale nominale della rendita creata con accrescimento delle rate semestrali delle obbligazioni ammortite in guisa da potersi estinguere l'integralità del debito entro il periodo di 26 anni a cominciare dal 1850.

L'ammortamento dovea aver luogo per sorteggio annuo. Oltre il rimborso integrale del capitale erasi assegnato per ogni obbligazione sorteggiata, un premio in ragione del 10% del capitale ammortito.

Indipendentemente poi dall'ammortamento per sorteggio annuo, una parte delle obbligazioni sarebbesi ammortita per ricompra e per conversione in altra rendita dello Stato.

La rendita ammortita a tutto il 1860 rilevò a i. lire 440,496 che dedotta dalla rendita creata per it. L. 1,260,000 lasciò un residuo di it. L. 819,504 che è la rendita che fu riconosciuta colla legge 4 agosto 1861.

Coll'emissione delle obbligazioni create col decreto 31 ottobre 1849 si era provveduto al ritiro dei buoni ipotecarii del tesoro che erano in circolazione per un capitale di 6 milioni di lire, aventi corso di carta-monetata, e si era possibilmente anche procurato di pareggiare gli esercizi finanziari degli anni 1848, 1449 e 1850; ma restava a provvedersi alla spesa straordinaria del mantenimento delle truppe austriache che si erano accampate nel territorio

del granducato dopo gli avvenimenti politici degli ultimi anni.

Quindi per poter sopperire a tale straordinaria spesa il ministro delle finanze fu autorizzato, con decreto del 13 giugno 1851, a ricevere per mezzo della casa bancaria, Michelangelo Bastogi e figlio di Livorno, e a titolo di imprestito, la somma di 12 milioni di lire toscane, pari a it. lire 10,080,000 da guarentirsi con ipoteca speciale sulle regie miniere del ferro dell'isola dell'Elba, e sugli stabilimenti metallurgici delle regie fonderie di Follonica, Valpiana e Cecina.

Il capitale procurato dalla banca Bastogi dovea esser versato alla R. depositeria fino alla concorrente del 90 % in effettivo contante a determinate epoche. La differenza del 10% fra la somma pagabile e il capitale del prestito avea da prelevarsi a favore del governo sugli utili delle miniere e fonderie, a norma di quanto erasi stabilito nel decreto e successivamente in contratto stipulato il 16 ottobre 1858. In rappresentanza del capitale del prestito, la finanza fu autorizzata ad emettere 12 mila obbligazioni al portatore di tosc. L. 1000 per ciascuna, pari ad it. L. S40 col frutto del 5%, pagabile coi proventi delle miniere e fonderie anzidette a tal effetto specialmente ipotecate.

Oltre alle cedole per gli interessi semestrali furonoemesse 12 mila azioni di godimento per la metà degli utili che fossero per verificarsi nella gestione delle miniere efonderie, dopo il pagamento degli interessi e dopo le altreprelevazioni stabilite nel decreto di creazione.

L'altra metà degli utili rappresentata da altrettante cartelle di godimento, dovea spettare al Governo per essere erogata nella totale e parziale estinzione del debito, per la quale non fu fatta altra assegnazione, ma obbligavasi il Governo.

di compierla integralmente al fine del mese di giugno del l'anno 1881, e così 30 anni dopo l'emissione delle obbligazioni.

Collo stesso decreto determinavasi che l'amministrazione delle miniere del ferro dell'isola dell'Elba, e delle fonderie di Follonica, Valpiana e Cecina restasse per il periodo di 30 anni, affidata al banchiere Pietro Bastogi, sotto la sorveglianza d'un commissario governativo e sotto le norme e condizioni stabilite nel decreto (1).

Nel 1859 essendosi cogli avanzi che eransi verificati, dopo pagati gli interessi semestrali sulle obbligazioni e tutte le altre spese d'amministrazione, non meno che la metà degli utili netti spettanti ai possessori delle obbliga

(1) L'amministrazione delle miniere del ferro dell'isola dell'Elba e delle fonderie di Follonica, Valpiana e Cecina affidata al banchiere Pietro Bastogi con decreto regio del 13 giugno 1851, dovea comprendere le miniere del ferro esistenti nell'isola dell'Elba, fossero o no in quel momento coltivate dal governo, e in correlazione ai diritti di regale privativa in tal rapporto competenti nell'isola al governo medesimo, non meno che i forni fusorii ed altri edifizi lavorativi che costituivano gli stabilimenti industriali concessi, con tutte le loro pertinenze, esclusi però i boschi e le terre lavorate, incolte o private che ancora dipendessero dall'amministrazione delle miniere e fonderie.

La finanza dovea somministrare secondo il bisogno che le fosse giustificato e fino a due milioni di lire, la somma occorrente a corredar l'impresa del necessario capitale, circolante e dare insieme all'industria del ferro in Toscana quel maggior sviluppo che potesse esser ancora suscettibile.

Nella somma di due milioni dovea imputarsi il prezzo del minerale escavato, del ferro e degli altri generi in essere, che fossero per essere consegnati dalla vecchia alla nuova amministrazione, la quale sulla totalità del capitale posto in tal modo a di lei disposizione era tenuta di corrispondere il frutto del 5 %, deducibile annualmente, come spesa generale, prodotti dell'amministrazione.

Quando poi la nuova amministrazione non fosse stata condotta

zioni, acquistate dal governo 161 obbligazioni, si era ritenuto che la rendita corrispondente dovesse considerarsi estinta, quando invece le obbligazioni riscattate, doveano, a termini della Convenzione continuare a fruttare a favore dell'estinzione. Quindi la rendita riconosciuta colla legge 4 agosto 1861 per sole it. L. 497,238, dovette considerarsi vigente nella sua integralità di it. L. 504,000, come di fatto ebbe a praticarsi per le assegnazioni fatte nei bilanci annui del ministero delle finanze pel servizio del debito.

Come si è ricordato, nel 1847 con sovrano motu proprio del 7 giugno si riconobbe e si assunse in servizio il prestito lucchese che erasi creato con decreto del 29 maggio dello stesso anno; quindi con decreti 31 ottobre 1849 e 13 giugno 1851 si erano autorizzati altri due prestiti uno di 30 milioni e l'altro di 12 milioni di lire toscane.

regolarmente e provvidamente, era in facoltà del governo di cangiarne l'amministratore, determinando fin d'allora, che dovesse costituir criterio per conoscere se l'amministrazione fosse buona e retta, quando a fronte d'ogni diligenza per il maggior sviluppo dell'industria, si ottenesse nel primo biennio una rendita netta corrispondente almeno a quella fino allora percetta dalla finanza, e fosse per aversi negli anni successivi un prodotto superiore almeno d'un dieci per cento.

Nel caso in cui l'amministratore fosse per essere cambiato dovea restare al banchiere Pietro Bastogi l'ufficio di sorvegliare le operazioni del successore, con facoltà di conservar la cassa dell'impresa, tenuta ferma la data garanzia.

E quando per ultimo il gestore Pietro Bastogi non potesse o volesse altrimenti continuare nell'assunta amministrazione, era riservata la nomina in qualunque tempo d'un nuovo amministratore al governo, il quale per l'interesse de' portatori delle obbligazioni e delle azioni di godimento avrebbe in tal caso dovuto ricercar la Camera di commercio di Firenze o quella di Livorno, perchè deputasse chi ne sorvegliasse le operazioni e la regolare erogazione degli incassi.

Questi tre prestiti erano rappresentati da obbligazioni dello Stato al portatore e si servivano presso la regia depositeria.

Nel 1852, volendosi però, ad esempio di quanto praticavasi negli altri Stati d'Italia, dare un ordinamento particolare all'importante servizio del Debito pubblico, se ne costituì, con sovrano decreto del 3 novembre, la particolare amministrazione, distinguendola dagli altri rami di servizio dello Stato.

Collo stesso R. decreto si creò, ad un tempo, una rendita di tre milioni di lire toscane, pari ad it. L. 2,520,000 al saggio del 3 % autorizzandosene l'alienazione sino a concorrenza di un milione di lire toscane.

La nuova rendita dovea formare il tipo della rendita iscritta per altre future possibili creazioni e rappresentarsi da iscrizioni nominative e da iscrizioni al portatore convertibili nell'una e nell'altra forma.

Il retratto della rendita del primo milione dovea servire per far fronte alle spese di lavori di pubblica utilità, già approvati, e per soddisfare ad altre presenti e prossime esigenze della finanza.

Il restante della rendita, fino al compimento di tre milioni di lire toscane, dovea successivamente erogarsi nella dimissione dei debiti fruttiferi a vari saggi che stavano a carico dello Stato e che trovavansi accesi nei libri della depositeria, sia procurando i capitali necessari ad estinguerli alle rispettive scadenze, sia mediante la conversione de' loro titoli in altri rappresentativi della rendita medesima.

Oltre ai succennati motivi che aveano dato luogo alla creazione della rendita di tre milioni di lire toscane, vi era quello della scalenza del pagamento di quattro milioni

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