Page images
PDF
EPUB

altra immediatamente; ma se il paese, se gli elettori mi negano il loro concorso, non su me ricadrà ormai la responsabilità del futuro, e ne' disordini che potessero avvenirne, non avranno a dolersi di me, ma avranno a dolersi di loro ".

Se io credetti dover mio il far udire in quest'occasione parole severe, mi confido che il senno, la giustizia pubblica conosca che esse sono impresse al tempo stesso di un profondo amore dei miei popoli, e de' loro veri vantaggi, che sorgono dalla ferma mia volontà di mantenere le loro libertà e di difenderle dagli esterni come dagli interni nemici.

"Giammai sin qui la casa di Savoia non ricorse invano alla fede, al senno, all'amore de' suoi popoli. Ho dunque il diritto di confidare in loro nell'occasione presente e di tener per fermo, che uniti potremo salvar lo Statuto ed il paese dai pericoli che li minacciano ".

Con reale decreto del 14 dicembre fu approvata l'unione della Banca di Genova con quella di Torino col titolo di Banca Nazionale, mantenute le due sedi di Genova e Torino e con sede centrale a Genova, giusta la convenzione firmata dai rispettivi consigli di reggenza il 26 settembre e il 3 ottobre 1849, e si approvò lo statuto della Banca Nazionale proposto dai detti Consigli.

Il governo avea considerato che per tale unione, mentre si consolidava sempre più la consistenza di quegli utili stabilimenti, ne ridondava pur anche un notevole vantaggio al commercio, per la maggior estensione che poteano ricevere le operazioni loro attribuite, e si veniva ad accrescere la confidenza nel biglietto della Banca per la maggior guarentigia che presentava la circolazione d'una sola natura di quei titoli.

La durata della Società anonima fu fissata a 30 anni computandi dal 1° gennaio 1850.

[blocks in formation]

Presso ciascuna sede della Banca nazionale avea a continuare ad esservi applicato un regio commissario per esercitarvi la sua sopraveglianza sulla esatta osservanza dello statuto.

Qualora i regi commissari avessero giudicato che qualche disposizione delle adunanze generali o dei Consigli di reggenza fosse stata contraria allo statuto, avrebbero potuto sospenderne l'effetto e riferirne immediatamente al Ministro delle finanze per gli opportuni provvedimenti.

Con legge del 22 gennaio 1850, il governo del re fu autorizzato a dar piena ed intera esecuzione al trattato di pace conchiuso a Milano fra la Sardegna e l'Austria il 6 agosto 1849.

Con articoli addizionali al trattato fu stabilito che la Sardegna avesse a pagare all'Austria un'indennità di guerra di 75 milioni di franchi. Quindici milioni doveano pagarsi a Parigi al momento dello scambio delle ratifiche. Gli altri 60 milioni doveano pagarsi in dieci rate di due mesi in due mesi di 6 milioni ciascuna.

Per garanzia dell'esattezza di questo pagamento il governo sardo avea a rimettere al governo austriaco, al momento dello scambio delle ratifiche 60 iscrizioni d'un milione di franchi ciascuna in capitale, ossia 50,000 franchi di rendita ciascuna a determinate condizioni (1).

Quindi il governo dovette senz'altro pensare a contrarre un nuovo imprestito di quattro milioni di lire, che il conte di Cavour, deputato al Parlamento e relatore della Commissione, giustificava col seguente discorso in tornata del 19 gennaio 1850:

(1) Documento, n. 12.

[ocr errors]

Signori, l'obbligo di provvedere alle necessità delle finanze pubbliche con mezzi straordinari è cosa pur troppo di tale evidenza da non abbisognare dimostrazioni di sorta. Il pesante retaggio finanziario che gli anni 1848 e 1849 ci hanno tramandato, e le dolorose conseguenze del trattato di pace con l'Austria fanno gravitare sull'anno 1850 un peso enorme a cui i mezzi ordinari dello Stato son ben lungi dal poter sopperire; non vi può essere quindi il menomo dubbio sull'opportunità di ricorrere nuovamente al credito pubblico per porre il tesoro dello Stato in grado di provvedere ai pubblici servigi e far onore agli assunti impegni. - La domanda quindi presentata dal Ministro delle finanze nella tornata del 2 corrente, onde essere autorizzato ad emettere ed alienare una rendita di quattro milioni di lire, parve alla Commissione, a cui i vostri uffizi ne commettevano l'esame, non poter essere contrastata in principio.

[ocr errors]

Nè per acquistare questa convinzione essa riputò necessario di procedere al minuto esame dei calcoli e delle cifre coi quali il Ministro ha corredata la sua proposta, giacchè dai vari documenti autentici non contestati alla Camera in questa e nell'ultima sessione, rimane ampiamente dimostrato che la somma da ricavarsi dall'alienazione dell'accennata rendita non giungerà certamente a colmare le deficienze passate e a provvedere ad un tempo alle necessità dei bilanci in corso.

• Le spiegazioni somministrate dal Ministro alla Commissione, furono ampie, precise e appaganti.

Interpellato sui risultati conseguiti dal prestito autorizzato dall'ultima legislatura, esso fece la Commissione capace che se l'angustia del tempo e le dure condizioni alle quali era in allora ridotto il nostro credito, lo avevano costretto a consentire a trattare con esteri banchieri ad alcuni patti che potrebbero in oggi riputarsi onerosi, il complesso dell'operazione solo da pochi giorni ultimata, dovea ravvisarsi come assai soddisfacente e presentare un risultato, nè prevedibile, nè sperabile all'epoca in cui fu dal Parlamento autorizzata.

. E quivi la Commissione si compiace di riconoscere che, se il progressivo miglioramento operatosi negli scorsi mesi sui principali mercati europei contribuì a questo favorevole risultato, esso

[ocr errors]

però è in massima parte dovuto al modo prudente, fermo e sagace col quale l'operazione fu diretta dal signor Ministro delle finanze. Interrogato intorno al modo cui egli intendeva praticare, onde giungere all'alienazione della rendita da crearsi, e se egli non credesse possibile l'adottare il sistema della vendita all'asta pubblica siccome più conforme alle norme di buona amministrazione, e maggiormente consentaneo all'indole del regime rappresentativo, il Ministro rispondeva che, senza respingere in modo assoluto il mezzo degli incanti, ei non ravvisava conforme agli interessi della finanza l'assumere l'impegno d'attenersi a questo sistema solo.

Giacchè, se quando l'ammontare del contratto è tale da far probabile che nasca una vera rivalità fra vari speculatori, e ne derivi quindi una concorrenza reale, l'esperimento dell'asta pubblica può tornare vantaggioso ed opportuno; allorchè si tratta di affari di tanta mole da non poter essere tentati se non da un piccol numero di capitalisti, ai quali riesce sempre facile l'intendersi, se non apertamente, almeno in modo segreto, gli incanti, lungi dal tutelare gli interessi pubblici tornano ad assoluto vantaggio dei contraenti coi quali in definitiva il governo è ridotto a trattare. Se dietro queste spiegazioni la Commissione non ravvisò opportuno di fare del sistema dell'asta pubblica una condizione assoluta dell'alienazione delle nuove rendite, essa credette dover manifestare al ministro richiedersi dal voto quasi unanime della Camera che i capitalisti del paese fossero chiamati a partecipare il più largamente possibile al nuovo prestito e che il loro concorso fosse combinato in modo che gli abitanti delle provincie anche le più lontane avessero a godere delle medesime facilità, e di eguali favori degli abitanti di Torino e Genova.

[ocr errors]

A ciò rispondeva il ministro desiderare, quanto la Commissione, quanto la Camera, il favorire gli interessi dei capitalisti nazionali; essere quindi determinato a fare quanto stava in lui, onde essi fossero abilitati a concorrere nell'operazione finanziaria che egli chiedeva di fare. Tuttavia non poter assumere a questo riguardo un assoluto impegno, poichè poteano presentarsi tali circostanze in cui l'intervento dei detti capitalisti fosse incompatibile con gli interessi del tesoro, a confronto de' quali dovea cedere ogni altra considerazione.

I dati comunicati dal Ministro hanno rassicurata la Commismissione e l'hanno resa convinta che, salvo straordinarie non previste circostanze, il tesoro potrebbe per molti mesi e forse per un'intera annata, far fronte a' suoi impegni senza il sussidio d'un nuovo imprestito, e ciò specialmente, ove il Parlamento accogliesse favorevolmente i piani finanziari del Ministro ".

Con legge del 1° febbraio 1850 è conceduta al Governo la facoltà di aumentare di 4 milioni di lire l'emissione della rendita di creazione 12-16 giugno 1849, e di operarne la alienazione a quelle epoche e condizioni che saranno ravvisate più convenienti nell'interesse delle finanze dello Stato.

In eseguimento di questa legge il ministro delle finanze, con suo decreto del giorno 3, notifica l'apertura durante tre giorni della sottoscrizione per acquisto della rendita. redimibile 5% in aumento a quella 12-16 giugno 1849, presso le tesorerie provinciali.

La soscrizione era estensibile sino a concorrenza di venti milioni di lire di capitale. In caso d'eccedenza la riduzione avea a farsi su tutte le soscrizioni in giusta proporzione.

Le nuove iscrizioni doveano esser rappresentate da cedole al portatore. Esse non poteano essere minori di L. 10 di rendita e progredire per unità di decine.

Il prezzo d'acquisto fu stabilito in L. SS per ogni L. 5 di rendita.

Il pagamento potea essere ripartito in tre rate. Dovean essere ricevuti come contante i buoni del tesoro e i vaglia del prestito volontario nazionale.

Era comminata la solita penalità pei sottoscrittori in ritardo al pagamento delle ultime rate del prezzo.

Il 15 febbraio 1850 il Presidente, direttore generale del Debito pubblico degli Stati di Terraferma, il cav. Leopoldo

« PreviousContinue »