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missione, per sospenderne le riunioni plenarie, e disporre che si avesse a trattare per separate convenzioni con ciascuna potenza.

I primi negoziati furono intrapresi dall' Austria colla S. Sede, che dopo di essa era la maggior interessata, e presto si giunse ad un accordo che fu sottoscritto il 1° giugno. Il 18 agosto si sottoscrisse quello di Parma, e con Modena le trattative si protrassero sino al 22 marzo 1817. L'ultima fu la Sardegna che sottoscrisse la sua convenzione l'11 aprile 1818.

In tutte le convenzioni si stabilirono le norme per la ricognizione e il riparto del debito, salvo a riunire nuovamente la Commissione plenaria per la liquidazione; ma esse riescirono difformi fra loro, essendosi da tutti e in varia guisa modificate le proposte austriache.

Come base del riparto fu d'accordo sostituito l'estimo al reddito, perchè la sua valutazione era troppo difficile; onde per fissare le quote rispettive di ciascun Stato fu presa la media fra i due coefficienti dell'estimo fondiario e della popolazione; dalla qual media si ricavò che sopra 100,000 parti, all'Austria ne toccavano 69,124, alla S. Sede 21,436; alla Sardegna 4690; a Modena 4360; a Parma 390.

Per i boni fu viva controversia circa l'ammissione delle pretese austriache, del cui fondamento dubitava la sua stessa Commissione, osservando che se le leggi di guerra autorizzano la preda dei beni mobili dello Stato nemico, potevasi sostenere che i crediti non sono beni mobili, ma formano classe a parte, essendo inefficaci, in materia di diritto pubblico, le disposizioni positive di qualche legislazione che li comprende fra i mobili.

Conchiuse le convenzioni era necessario renderle note al pubblico; ma la disformità e complicazione delle medesime

fece preferire la pubblicazione d'uno speciale proclama in data 21 settembre 1819, che annunciò quali categorie del debito fossero state riconosciute, e quali provvedimenti fossero stati adottati per il pagamento dei boni e delle rescrizioni, e se ne ordinava l'insinuazione sino a tutto marzo 1820. Si prometteva un sollecito riparto e soddisfacimento di tutte le passività liquide e certe, nonchè ulteriori combinazioni per quei crediti illiquidi e incerti, che, a termini delle convenzioni, avrebbero potuto riconoscersi qualificati per una liquidazione addizionale.

Prima d'eseguire il promesso riparto bisognava ridurre tutte le convenzioni in un atto solo e completo, che a tutto provvedesse con norme chiare ed esatte.

A tale scopo fu riconvocata la Commissione in seduta plenaria nel giugno 1820, e ad essa il presidente, scambiate alcune intelligenze, comunicò il 1° agosto un disegno d'atto definitivo.

Quest'atto incontro non poche obbiezioni. Ad ogni modo, definite le più importanti questioni, la Commissione diplomatica annunziò con un proclama del 14 aprile 1821 il riparto delle ditte e partite che ciascuna sovranità assumeva nei rami: consolidato; assegni a benemeriti militari italiani; passività della Cassa d'ammortizzazione per causa di culto e deposito; pagamento delle pensioni dalle casse presso le quali erano in corso (1).

Si aggiungeva un riassunto delle altre massime concordate e si avvertiva che gli arretrati erano a carico del debitore principale dal 1° gennaio 1814 per le rendite, dal 31 marzo per le pensioni, e dal 20 aprile per gli altri crediti, salvo posteriori provvedimenti per precedenti arretrati.

(1) Documento n. 7.

Il 26 giugno 1822 con altro proclama si chiamava a notifica entro l'anno corrente, sette altre categorie di creditori, avvertendosi che i crediti per arretrati sarebbero soddisfatti in rendita con decorrenza dal 1° gennaio 1820, e che gli indennizzi per indebite avocazioni al Demanio sarebbero stati oggetto d'ulteriori provvedimenti.

Con nuovo proclama del 19 luglio 1826 si dichiararono assunti e ripartiti fra le sovranità, gli arretrati delle donazioni e dotazioni francesi, salvo alcuni rimessi ad una successiva liquidazione.

Con proclama del 22 agosto 1828 si annunziò la ripartizione della maggior parte dei boni, delle rescrizioni e delle rendite perpetue soggette a cambio, degli arretrati ai decorati della Corona ferrea e ai dotatari francesi non ancora soddisfatti.

Con proclama del 19 agosto 1831 annunziavasi terminata la liquidazione delle pensioni agli impiegati che erano ancora in servizio alla cessazione del regno italico, e quella degli arretrati anteriori al 1814 sulle cartelle del consolidato.

Finalmente con proclami del 28 settembre 1835 e 11 luglio 1845 compivansi alcune altre liquidazioni riguardanti tutte le anzidette categorie. La Commissione non fece altri riparti, sebbene continuassero i lavori preparatorii per le partite non ancora intieramente giustificate.

Le divergenze di massima, insorte fin da principio, fra i rappresentanti delle diverse potenze, ha scritto E. Greppi, gli equivoci e le riserve studiosamente introdotte nell'atto di riparto del 15 agosto 1820 contribuirono a procrastinare i lavori della Commissione, sicchè si sciolse a mandato incompleto. Quindi non solo fu abbandonato il pensiero di regolare in comune il debito estraneo al Monte, ma anche questo subì varie sospensioni che si risolvettero in un positivo diniego di giustizia.

Fra le categorie ingiustamente colpite si trova notato: 1° I crediti per beni avocati dal governo italico, pei quali il proclama del 26 luglio, avea fatta la promessa non mantenuta di ulteriori provvedimenti ;

2o I danni cagionati da distruzioni, fortificazioni e requisizioni nel 1809, il cui soddisfacimento in iscrizioni di consolidato era stato ammesso da disposizioni del governo italico;

3° I debiti dell'ammistrazione corrente della Cassa di ammortizzazione, gli indennizzi da lei dovuti per contratti non eseguiti, e le obbligazioni incontrate dalla medesima per depositi fatti nelle casse di finanza, negli ultimi giorni del regno, con assicurazione che ne risponderebbe il fondo d'ammortizzazione;

4o Gli arretrati sugli assegni fissi di culto e sugli interessi dei depositi anteriori al 1° gennaio 1814; nonchè ogni altro arretrato anteriore al 1° gennaio 1810;

5o Finalmente tutti quei crediti pei quali era dubbia l'applicazione del Decreto 8 febbraio 1812, che chiuse la direzione generale di liquidazione, e dell'altro del 1811 relativo alla riduzione delle rendite,ed assegni di culto.

I più maltrattati furono i creditori della Cassa d'ammortizzazione, sebbene potessero credere di possedere le migliori garanzie, avendo contratto colla rappresentanza di un patrimonio assai ricco e più specialmente protetto dalla lettera del Trattato di Vienna.

Il commissario conte Giulini ha presentato alla Commissione diplomatica un suo molto dettagliato rapporto del quale se ne offre un sunto sotto la rubrica - Debito pubblico nel Regno italico.

DEBITO PUBBLICO NEL REGNO ITALICO

articolo 97 dell'atto finale

del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815

Il Debito pubblico del regno italico, ha scritto il conte Giulini nel suo rapporto alla Commissione diplomatica istituita in senso del disposto dell'art. 97 dell'atto finale del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815, tiene la sua origine da due grandi fonti; in parte non è che la metamorfosi delle passività che erano a carico degli Stati e delle provincie tolte dai Francesi ai legittimi loro sovrani, rimasti sempre sudditi al conquistatore; in parte dalle aggregazioni politiche esistenti sotto diverse forme e con diverse legislazioni, le quali infine costituirono il regno di Italia (1).

Nel Debito pubblico italiano infatti si fusero le passività gravanti i monti pubblici costituiti nelle diverse sovranità, le pensioni accordate e poste in corso dai principi ai quali il governo italiano succedeva, i debiti già cadenti a carico delle provincie, le passive restanze di amministrazione dei

(1) Il rapporto del conte Giulini di cui si offre un sunto, pervenne alla Commissione superiore sarda di liquidazione in Torino, con dispaccio dei Commissari sardi in Milano, in data del 17 maggio 1816 e fu depositato negli archivi generali del Regno.

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