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Ma V. Em. non può avere un'idea della nostra amarissima angustia.

Riassumo la lettera tornando dalla visita del Primo Console, di cui darò conto, e poi verrò a parlare della nuova nota dell'abbate Bernier.

Il Primo Console mi ha ricevuto con molta calma e gentilezza. Mi ha subito parlato della mia lettera al generale Acton, e mi ha detto che io, col dubitare di essere qui arrestato e di soffrire per la religione, credevo che'egli fosse un Attila. Gli ho risposto nel modo che dovevo, facendogli conoscere che la mia convinzione intima mi faceva assicurare, che quelle espressioni non le avevo scritte certo, ma che dall'altra parte l'opinione che avevo dell'onestà di M. Alquier, che lo riferiva al Primo Console, mi faceva stare inquieto, mentre poteva forse tradirmi la mia memoria. In ogni modo però gli dissi che ero sicuro, che, sebbene in quel disordine di quell'ultima notte e in mezzo a tanta agitazione mi fosse uscita qualche frase, era però certissimo, che non poteva esser mai quale sentivo riferirla, c che sicuramente ci era dell'esagerazione. Egli mi disse che M. Alquier non aveva veramente veduta la lettera, ma che il sig. Acton gliel'aveva riferita. Allora io gli risposi ch'egli mi rendeva pienamente la calma, mentre non avere M. Alquier veduta la lettera mutava subito l'aspetto della cosa, potendo darsi assai facilmente, che passando di bocca in bocca le espressioni fossero alterate anche involontariamente, e aggiunsi in fine, che credevo di dovermi dispensare dal fare alcuna riflessione sulla condotta che aveva creduto di tenere il sig. generale Acton. Io ebbi la soddisfazione di vederlo pienamente persuaso; onde questo affare non merita più altro seguito, anche ad oggetto di non attaccare una lite col sig. generale medesimo.

Si venne poi a parlare del grande affare. Lo trovai irremovibile sul punto del non voler ammettere la dichiarazione di professar egli la religione cattolica, nè il governo, dicendo che questo non può professarla costituzionalmente, e che quanto a lui e agli altri due consoli, il Papa lo deve supporre di fatto, e che non essendo egli, nè essi eretici o atei, non deve farsi con loro, che non l'hanno mai abiurata dopo esserci nati, ciò che

non si farebbe col re di Spagna o altro governo cattolico. È inutile che io trascriva qui tutto quello che gli dissi, ma sempre inutilmente, per persuaderlo, meno che la proclamazione di Egitto, bene intendendo V. Em. che sarebbe stata cosa imprudentissima e rischiosissima il mancargli di rispetto e rammentarla.

Alla mia ragione che avendo il Papa esatta nel suo progetto la dichiarazione del cattolicismo, il mio potere non si estendeva a tralasciarla, perchè ciò alterava la sostanza, rispose che si mettesse nella bolla, e non negli articoli, ma si mettesse per modo di elogio, essendo lui nato nella religione cattolica, e non avendola, me lo ripetè più volte, mai smentita. Ed all'obiezione del tratto successivo, rispose sempre, che era una chimera il temere un console non cattolico. In somma mai mi diede quartiere in questo punto. Si mostrò anche pertinacissimo nell'impossibilità di ammettere la pubblicità del culto, ripetendo le ragioni delle quali ho parlato nello schiarimento al no VII. Parlò ancora delle fondazioni en rentes, del giuramento, e di articoli controversi. Mi basta di accennare ciò che egli disse a me, senza ripetere cosa io risposi a lui, mentre questo si può bene immaginare.

Il fatto è, ch'egli mi parlò sempre colla massima gentilezza e calma, ma fermezza al tempo stesso. Gli feci delle rappresentanze sul sinodo degl'intrusi, di cui scriveva a V. Em. Mgor Spina, non avendone io il tempo; ed egli mi rispose, che finchè non sapeva come starebbe con Roma, non poteva fare altri passi, « Perchè, aggiunse ridendo, voi sapete, che quando non si può stare con Dio, si sta col Diavolo. » Gli feci riflettere, che se io sottoscri

1 C'est la proclamation, datée d'Alexandrie le 14 messidor an VI: 2 juillet 1798 (Corr. no 2723). Dans ce manifeste, Bonaparte affectait d'imiter le style et les idées des Orientaux: «Peuples d'Égypte, on vous dira que je viens détruire votre religion; ne le croyez pas. Répondez que je viens vous restituer vos droits, punir les usurpateurs, et que je respecte, plus que les mameluks, Dieu, son Prophète et l'Alcoran... Cadis, cheiks, imans, tchorbadjis, dites au peuple que nous sommes amis des vrais musulmans. N'est-ce pas nous qui avons détruit le Pape, qui disait qu'il fallait faire la guerre aux musulmans? N'est-ce pas nous qui avons détruit les chevaliers de Malte, parce que ces insensés croyaient que Dieu voulait qu'ils fissent la guerre aux musulmans? N'est-ce pas nous qui avons été dans tous les siècles les amis du Grand Seigneur (que Dieu accomplisse ses désirs !), et l'en. nemi de ses ennemis ?... (Cf. t. I, p. 99, note 1).

vessi ciò che non posso, atteso i limitati poteri, io mi farei colpevole e m'infamerei, e non ratificandosi dal Papa a nulla servirebbe. Egli nel ricusarsi costantemente a darmi un nuovo tempo ad interpellare Sua Santità su i vari cambiamenti propostimi, concluse che vedessi di aiutarmi coll'abbate Bernier, e che desiderava che potessimo combinare le cose in modo di finire. - Gli dissi che lo desideravo assaissimo, ma che le omissioni mi daranno più pensiero che la sostituzione di diverse espressioni, e conclusi che io non potevo alterare la sostanza. Questo è il dettaglio della lunga udienza che mi diede, la quale ben che fosse cortesissima, vede però V. Em. relativamente all'oggeto in quali angustie vivissime ci ponga.

Vengo all'abbate Bernier. Egli non mi ha portato la nota, con cui combatterà le nostre ragioni e ripugnanze, e sosterrà l'ammissibilità del progetto n° IV, che riprodurrà come ultimatum del governo, benchè da me già escluso. In vece della nota mi ha detto, che essendo partito per i bagni il ministro Talleyrand, ed essendo l'affare rimesso a lui stesso piu liberamente, per farne poi il rapporto ai tre consoli ed agli altri [membri] del governo, egli in seguito di qualche maggior facilitazione, che può sperarsi dal Primo Console, verrà domattina a fare un congresso con noi per vedere di persuaderci che la sostanza non è alterata con tal progetto, ed anche per combinare insieme qualche cambiamento diverso, da poter far gustare nella mia risposta finale che gli darò. Questo congresso verbale ci è di somma angustia, ma non si può scansare. Questa sera ci siamo preparati in terzo con Mgor Spina e il P. Caselli alla meglio possibile, ma però spero, se il corriere tarderà a partire fino a domani, renderò qui sotto anche conto del congresso. Si assicuri V. Em. che la nostra pena è superiore ad ogni immaginazione, perchè stando qui vediamo la cosa nel suo vero essere, e le fatali conseguenze che ne derivano.

Prego V. Em., nel comunicare questo dispaccio e le cifre annesse, d'inculcare il massimo segreto. Creda che tutto si visa. facilmente. Immagino che per ora le comunicherà ad alcuni Emi e a Mgor Di Pietro, secondo che giudicherà Sua Santità, e che la comunicazione al Collegio pieno non si farà che sul fine, qualunque sia per essere, saltando in tal caso il paragrafo sulla

mia lettera al generale Acton, come non necessario a sapersi da tutti, sebbene però io sono su di ciò indifferente. Nella relazione che si farà, desidererci che si leggessero i miei dispacci per ordine, mentre dagli antecedenti si forma meglio l'idea de' susseguenti.

Altro non mi rimane, se non che rinnovare a V. Em. il mio profondo ossequio, e nel pregarla di mettermi ai piedi di Sua Santità, e di fare orazioni per me al Signore, le bacio umilmente le mani.

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P. S. 3 luglio. Questa mattina si è tenuto il congresso col sig. abbate Bernier. Se Iddio benedice le nostre fatiche, vorrei lusingarmi di poter concludere qualche cosa. Sembra che siamo tutti rimasti d'accordo in alcune basi sostanziali. Ci è della probabilità che il governo possa ammettere il nuovo progetto, o dir meglio la redazione nuovamente fatta d'accordo fra noi. Ma non bisogna tenere la cosa come sicura, perchè cento altre volte le apparenze sono state anche più belle, e poi la cosa è finita malissimo. Bisogna capire questo punto fondamentale, che il Primo Console vorrebbe la cosa, ma che al tempo stesso vorrebbe farla senza disgustare nessuno, cosa quasi impossibile nel numero quasi innumerabile di nemici fortissimi che vi si oppongono. Io dovrò fare un'altra memoria per far gustare il nuovo foglio di redazione; onde mi metto subito a farlo nel tempo che stiamo stendendo la redazione medesima. Fra tre o quattro giorni sarà deciso il sì, o nò, della conclusione di questo sì arduo affare. Il corriere parte, onde non posso aggiungere di più.

(Arch. du Vatican).

620. Consalvi à Doria.

(no 10 en chiffres) Parigi, 2 luglio 1801. Non è possibile farsi un'idea dell'estrema angustia e desolazione, in cui io e Mgor Spina ci troviamo. Chi non è qui, e non vede come vanno le cose, non può mai crederlo. L'esprimerlo in carta è impossibile. Dirò solo che i ministri delle più grandi Potenze non sono avanzati di un passo più di me, nelle respettive loro trattative. Il conte di Cobenzl, il conte di Kolytchev, il marchese

Lucchesini mi hanno detto cose incredibili: bisogna sentirli parlare per convincersene. Ogni giorno si fa un cambiamento: le memorie e ragioni che si presentano, non fanno mai alcun effetto. Non se ne fanno qui mai alcun carico, perchè quello che si vuole, si vuole, e tutto deve cedere alla volontà. Non ci è nemmeno da calcolare sul loro stesso interesse, che sarebbe l'unica assicurazione per lusingarsi di una cosa, o per non temere un'altra, quando si conosce che vi va dell'interesse loro. Ci sono mille esempi che hanno agito contro il loro interesse medesimo, sicchè questa risorsa è perduta.

Per dettagliare qualche cosa sul nostro affare, dirò a V. Em., che da uno o due mesi in quà le cose hanno peggiorato a un segno che V. Em. non se ne può far un'idea. La guerra che si é suscitata per impedire questa riunione con Roma è incredibile. Tutti i corpi delle magistrature, tutti i filosofi, tutti i libertini, una massima parte del militare è contrarissima. Hanno detto in faccia al Primo Console, che s'egli vuol far finire la repubblica e ricondurre la monarchia, 'questa riunione n'è il mezzo sicuro. Egli n'è atterrito. Egli è il solo che in fondo desidera questa riunione: ma spaventato dall'opposizione generale, temendo il loro contrasto e anche il ridicolo che gli danno i filosofi, ha messo l'affare in mano ad un mondo di gente1, per interessarci tutti, e così non aver egli solo la responsabilità. Ciò ha prodotto che ognuno ci fa le sue difficoltà; ognuno incarisce il progetto; e molti fanno inserirci ciò che vedono che non si può accordare, appunto per poter sconcludere. Vedo evidentemente che non se ne farà niente, e vedo ancora che le conseguenze possono essere fatalissime alla religione, più che allo stato di Nostro Signore. Il governo sosterrà con braccio forte i costituzionali: non ha voluto impedire il sinodo, perchè appunto non concludendo con Roma vuole avere un culto qualunque a cui rivolgersi. Il popolo è indifferente, me lo creda, nella massima parte. Nelle città lo è interamente, nelle campagne lo è in parte. Me ne appello ad una sola prova, ed è che i preti moiono di fame, perchè nessuno, o quasi nessuno fa loro limosina. Il governo sconcludendosi con Roma perseguiterà i preti buoni, ed il male arriverà al suo colmo.

1 Cette assertion est au moins très exagérée.

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